Un tweet arrivò sugli smartphone dei fedeli
in attesa in Piazza San Pietro. Il breve messaggio scritto in latino diceva “
Habemus Papam”. La folla non esultò, striscioni e cartelli erano tutti per Papa
Francesco, deposto o licenziato, fate voi, dal sinodo dei cardinali svoltosi il
quindici maggio del 2020. Corsi e ricorsi della storia: ad una profonda
rivoluzione segue sempre la restaurazione.
Papa Bergoglio aveva subito stupito il mondo sin
dal primo giorno del suo pontificato, per l’umiltà, per la semplicità dei modi,
l’avversione verso ogni ostentazione del lusso, l’attenzione verso gli ultimi,
i poveri del mondo. Non si era limitato all’esempio: aveva cominciato a mettere
in vendita i beni della Chiesa. Gli immobili, ma anche gli ori, i gioielli, le
azioni. Per donare tutto ai poveri.
Aveva cambiato il volto della Chiesa,
costringendo vescovi e cardinali ad annunciare il Vangelo nei quartieri poveri,
nelle baraccopoli di tutto il pianeta, nelle periferie del mondo. Aveva costretto gli
alti prelati ad andare in giro senza scorta, senza auto, solo un copricapo
rosso, li distingueva dai semplici preti da strada.
L’esempio si rivelò contagioso: verso la Chiesa accorsero nuovi
fedeli, i seminari tornarono a riempirsi, l’intero pianeta sembrò avvolto in una
nuova era di spiritualità.
I politici dovettero seguire l’esempio, le
politiche degli Stati tornarono ad essere rivolte al sociale, ad occuparsi
degli ultimi, di chi è in difficoltà. Una profonda riforma della Finanza
mondiale, impedì il ripetersi di gravi crisi recessive, come quella del 2008.
Forse non poteva durare, forse Francesco
chiese troppo alla sua Chiesa. La riforma dell’elezione del Papa, fu il suo
tragico errore. I lupi che erano rimasti nascosti nell’ombra tornarono a
tramare, per tornare all’opulenza di un tempo.
Il Papa con la riforma di Francesco poteva
essere revocato, ma solo con la maggioranza dei due terzi di un Sinodo
convocato da almeno il cinquanta per cento più uno dei Cardinali.
Un anno bastò per rendere possibile l’ipotesi
estrema: in Curia, nei palazzi arcivescovili del pianeta, vescovi e cardinali
erano stanchi di dover girare per strada per fare proseliti, per alleviare le
sofferenze dei poveri. Chi pensava alla loro sofferenza? Vivevano ormai come
miserabili, dovevano rendere conto in rete su come spendevano i loro soldi, i
pedofili della compagnia finivano diritti in prigione, denunciati dai loro
stessi confratelli. Si era mai vista una cosa così?
La folla era in attesa del nuovo pontefice:
sui megaschermi in Piazza San Pietro, tra poco il successore di Francesco,
avrebbe tenuto una conferenza stampa. Era quello che prevedeva la nuova riforma
e così fu.
Il tempo passava e del Papa e della sua
conferenza non vi era traccia, erano quasi tre ore che era stato annunciato
l’Habemus Papam. Il portavoce Vaticano comunicò alla stampa di tutto il mondo
che la conferenza del nuovo Santo Padre era rinviata all’indomani pomeriggio
alle 17.
La folla sfollò delusa da Piazza San Pietro,
ciascuno dei fedeli e dei turisti presenti si chiedeva cosa mai potesse avere
indotto il nuovo Pontefice a rimandare la conferenza stampa. La stessa domanda
rimbalzava in tutte le redazioni di giornali, siti web e televisioni del
pianeta. Per la prima volta tra l’annuncio della fumata bianca e la presentazione
del Papa sarebbero trascorse almeno ventiquattro ore.
La conferenza stampa del giorno dopo fu
annullata: alle undici un altro comunicato informò l’opinione pubblica di un
nuovo rinvio. Questa volta non c’erano indicazioni su quando si sarebbe tenuta
la conferenza stampa di presentazione del Papa. Telecamere, reporter e
giornalisti, assiepavano la
Città del Vaticano: si era sparsa la voce che anche il nuovo
Pontefice era stato deposto dopo qualche ora dell’elezione.
Tre giorni dopo l’annuncio dell’Habemus
Papam, il nuovo Papa si materializzò davanti ai giornalisti: l’incedere
solenne, l’abbigliamento sfarzoso, la croce d’oro e diamanti, l’anello
piscatorio d’oro. Tutti i simboli della tradizione spazzati via dal ministero
di Papa Francesco, tornarono all’antico splendore.
La stampa riconobbe subito il cardinale Del
Vecchio, arcivescovo di Genova: in latino, con la formula di rito, annunciò di
aver preso il nome di Alessandro VIII. Sempre in
latino tenne il discorso di presentazione e nella lingua ufficiale della Chiesa
rispose alle domande della stampa. Tacque sulle vere ragioni dell’annullamento
delle precedenti conferenze stampa: ai fedeli di tutto il pianeta chiese un
contributo economico straordinario per risollevare le sorti delle casse del
Vaticano, da tempo desolatamente vuote. Il suo programma disse sarebbe stato
l’opposto del precedente Pontefice; voleva che la Chiesa tornasse all’antico
splendore, che vescovi, cardinali e preti fossero rispettati dalla popolazione
per ciò che rappresentavano, non per il loro impegno quotidiano nel sociale.
Giornali e televisioni scavarono a fondo su
ciò che era successo: il ritardo nella presentazione del nuovo Pontefice era
dovuto alla ricerca dei gioielli e delle vesti che Papa Francesco aveva venduto
per donare il ricavato ai poveri del pianeta. La Santa Chiesa aveva chiesto alle
Banche i finanziamenti necessari al riacquisto di quei tesori: aveva dovuto
pagarli il doppio di quanto li aveva venduti. In garanzia aveva dato la Basilica Vaticana,
l’ultima proprietà di un certo valore che era rimasta allo Stato del Vaticano.
Il primo atto di Alessandro VIII fu
l’espulsione dalla Chiesa e la scomunica del Cardinal Bergoglio, accusato di
eresia. Il secondo l’annullamento di tutti gli atti del suo pontificato.
L’ex Papa Francesco è da poco stato eletto
Presidente della Repubblica Argentina, con oltre il novanta per cento dei voti
dei suoi connazionali.
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