sabato 23 marzo 2013

Il caro estinto è ancora in vita



-E ora che facciamo?- dissi guardando in faccia Rosario e Concetta i miei due fratelli. La domanda sembrò restare sospesa in quella stanza da letto dove appena pochi minuti prima avevamo trovato il corpo esanime di nostro padre. Il dolore c’impediva di fare il punto della situazione, eppure dovevamo liberarci da ogni scoria emotiva, per capire il da farsi. Ci volle qualche istante per ottenere una risposta alla domanda; Rosario replicò con un’altra interrogazione. -E se non ne denunciassimo la morte all’INPS? Potremmo continuare a riscuotere la pensione, la nostra unica fonte di reddito, per qualche mese, giusto il tempo di trovare un lavoro.-



-Non credo sia una buona idea, una volta scoperti dovremmo restituire l’intero importo riscosso e ci troveremmo sul capo un’accusa di truffa. Ormai i database dei comuni sono incrociati con quelli dell’Inps, non c’è alcuna possibilità di farla franca.-



-Forse, insistette Rosario, potremmo non denunciare la morte di papà-

-E dove lo teniamo, replicò Concetta, sotto il letto o lo sotterriamo in cortile?-

-Lo portiamo di notte al cimitero, disse Rosario, la lapide c’è già, il posto è assegnato, papà ha finito di pagarlo da poco. Basta acquistare una bara e interrarvelo, quando non c’è nessuno-.

-Come facciamo ad entrare? Non possiamo mica scavalcare i cancelli con una bara al seguito?- mi limitai ad osservare.

-Che ci vuole ad aprire un catenaccio? Non è che il cimitero sia all’avanguardia per dispositivi antifurto. Credo che non ci sia più nemmeno il custode, ma solo una ronda che controlla dall’esterno ogni due ore se tutto sia a posto.- ci rassicurò Rosario.

-Organizziamoci: domani vado a comprare la bara, la meno costosa, ovviamente, tanto non la deve vedere nessuno. Tu Rosario, invece, informati sulla ronda: quante volte passa e a che ora. Concetta, invece, tu devi solo tenere la bocca chiuse con le amiche, è solo quello che ti chiediamo. Ora è tardi, andiamo a letto e proviamo a dormire, domani dobbiamo essere in forma.



“L’oasi dell’eterno riposo” era l’unica impresa di pompe funebri di Carlentini, un paese di circa diciottomila anime in provincia di Siracusa. Negli ampi locali del negozio c’era un notevole assortimento d’articoli: feretri di tutte le misure e i colori, ma rigorosamente in legno. Mi toccò deludere il commesso: -Non mi è morto alcun parente, dissi, ma il mio anziano padre vuole lo stesso acquistare subito la sua bara, ne avete in pronta consegna?-

-Deve solo scegliere, rispose il mio interlocutore, se lo desidera la nostra agenzia può consegnarvela entro un paio d’ore, direttamente a casa-

-Non si preoccupi, provvederò io stesso a trasportarla a casa. Se mio padre non mi vede tornare con il feretro, non mi fa nemmeno entrare.-



Scelsi come previsto la bara più economica, la caricai nel bagagliaio della macchina e cercando di non dare nell’occhio, la portai a casa.



Tutto filò liscio quella notte: mettemmo a papà il vestito migliore, prima d’adagiarlo nella bara e di caricarlo in macchina. Sulla strada verso il cimitero non incontrammo anima viva, alle due di notte, del resto, da queste parti, stanno tutti a dormire. Rosario dimostrò doti da scassinatore provetto: aprì in un attimo il lucchetto del cancello. Entrammo nel cimitero con l’auto: la bara, però, restò nel bagagliaio sino a quando non finimmo di scavare nel terreno la buca che doveva contenerla. Mancava solo l’iscrizione e la foto: tutto il resto era a posto.



Sei mesi dopo, in una calda serata d’estate, un caro amico d’infanzia venne a trovarci, accompagnato dalla bellissima moglie, una bionda da svenimento. Li invitammo a prendere la granita sul terrazzo di casa, l’aria condizionata era un lusso che non potevamo permetterci. Non era cambiato molto da quella notte d’inverno in cui avevamo tumulato di nascosto le spoglie mortali di nostro padre: non avevamo trovato un lavoro, la pensione del caro estinto era ancora la nostra unica fonte di sopravvivenza.



-Gaetano, ho qualcosa di delicato da chiederti, non c’è un posto dove possiamo parlare a quattrocchi? Lasciamo che mia moglie e Concetta proseguano nelle loro confidenze da donne.-

-Certo,Roberto, andiamo a parlare in salotto- risposi tutto di un fiato.



-Mia madre è morta qualche ora fa- sussurrò Roberto con un filo di voce.

-Condoglianze vivissime, amico mio, come posso esserti utile?-

-Ecco, è una faccenda delicata. Non vorrei che si sapesse in giro che è passata ad altra vita, mi capisci, per ragioni economiche. Ha lasciato tutti i suoi averi alla Chiesa, compresa la casa dove abitiamo, se aprono il testamento, siamo rovinati. So che tu puoi capirmi meglio di chiunque- disse strizzandomi l’occhio.

-Ma Concetta non riesce proprio a tenere la bocca chiusa? Scommetto che è stata lei a informarvi di ciò che è successo alcuni mesi fa a nostro padre.

-Non prendertela, il vostro segreto è in buone mani. Ora però ho bisogno del tuo aiuto. Ovviamente sono disposto a pagarlo per ciò che merita.

-Devo parlarne con Rosario. Tra qualche ora ti faccio sapere cosa abbiamo deciso.



Non avevamo scelta: l’indomani ci toccò replicare la visita notturna al cimitero con tanto di feretro, vanga e cuore in gola, per paura di essere scoperti.



Concetta doveva aver sparso la voce, perché ogni decina di giorni circa c’era chi bussava alla porta, per chiedere il nostro aiuto: ormai stava quasi diventando un lavoro ben retribuito. A Carlentini, ormai, morivano solo giovani: i pensionati, avevano scoperto l’acqua dell’eterna giovinezza o almeno erano i loro parenti a trarne profitto. Le sorprese, però, non erano finite.



Un giorno di fine autunno suonò alla porta il comandante della stazione dei Carabinieri: pensai subito che avesse scoperto tutto, che stesse per arrestarmi. Invece, con mia somma sorpresa, chiese solo di parlarmi: non ci crederete, aveva avuto anch’egli un lutto recente e non voleva denunciarlo. Per ragioni personali, si giustificò: in paese giravano strane voci sulle nostre abitudini, mi disse, non voleva essere costretto ad approfondirle con un’indagine.



-Cosa dice comandante, un accordo tra gentiluomini, si trova sempre: in fondo che stiamo facendo di male? Segua le mie istruzioni e tutto filerà liscio come l’olio.-



Fu la prima volta che entrammo al cimitero con la scorta: due carabinieri ebbero dal loro comandante l’ordine di tenere d’occhio i cancelli. Non ce ne sarebbe stato bisogno, ma quello fu il primo caso che durante la cerimonia… d’interramento, il cuore non mi batteva all’impazzata.



La nostra carriera di becchini in incognito, però, non era ancora arrivata al culmine: forse è il bisogno a renderci furbi, o forse è questo il dna del nostro paese. Fatto sta che qualche mese dopo ricevetti la visita del consiglio comunale quasi al completo. Mancava solo il Sindaco, solo perché doveva essere tumulato in incognito.



I consiglieri di maggioranza e di opposizione provarono a spiegare le ragioni della loro richiesta: con la morte del sindaco il nostro comune sarebbe stato commissariato sino alle elezioni, certe magagne commesse dalle precedenti amministrazioni sarebbero state scoperte. Questa soluzione non conveniva a nessuno: meglio rivelare che il sindaco è malato, che si sta curando in un Ospedale del nord. In questo caso il vice sindaco può sostituirlo in tutto: basta tenere segreta la notizia per otto mesi, poi con le prossime elezioni, si può mettere tutto a posto.



Il disturbo, mi proposero, sarebbe stato ricompensato con un contratto di lavoro a tempo indeterminato come custode del cimitero, ruolo ancora vacante nella pianta organica del comune, oltre che con un compenso di duemila euro. Una stretta di mano sigillò l’accordo: stavolta per la tumulazione in incognito del caro Sindaco, c’era l’intera giunta comunale al completo, compresa la Banda del paese.



Mancava la sorpresa più grande, ma sarebbe giunta da lì a poco. Non tutti erano contenti di quell’andazzo di cose: l’agenzia di pompe funebri non aveva avuto un calo del fatturato. C’erano meno morti dichiarati, ma la vendita di bare non aveva avuto alcuna riduzione. Diverso era invece il caso dei parroci: loro avevano dovuto rinunciare a buona parte dei loro introiti e decisero di passare al contrattacco.



Vennero a trovarmi sul posto di lavoro: era il luogo giusto per discutere di feretri, cari estinti, funerali, mancati introiti. Come tutti sapevano ciò che era successo, ma non accettavano che fossero loro a pagare il conto per tutti. Mi presentarono le loro richieste: chiedevano cento euro ai parenti dei defunti tumulati in incognito, in caso contrario avrebbero denunciato tutto all’autorità giudiziaria. Furono i consiglieri comunali ad incaricarsi della trattativa: l’accordo fu trovato in fretta, per ogni mancato funerale, ai parroci sarebbe spettato un rimborso di settantacinque euro.



Provate a immaginare la scena: un funerale in pompa magna a mezzanotte, con il parroco che dice messa, il vice sindaco con la fascia tricolore, la banda del paese che suona, una lunga processione di parenti. Tutto in incognito: il caro estinto è vivo, ma solo per l’anagrafe, per l’Inps, per tutte le forme di assistenza e sicurezza sociale previste per gli anziani e gli indigenti.

domenica 17 marzo 2013

Habemus Papam



Un tweet arrivò sugli smartphone dei fedeli in attesa in Piazza San Pietro. Il breve messaggio scritto in latino diceva “ Habemus Papam”. La folla non esultò, striscioni e cartelli erano tutti per Papa Francesco, deposto o licenziato, fate voi, dal sinodo dei cardinali svoltosi il quindici maggio del 2020. Corsi e ricorsi della storia: ad una profonda rivoluzione segue sempre la restaurazione.



Papa Bergoglio aveva subito stupito il mondo sin dal primo giorno del suo pontificato, per l’umiltà, per la semplicità dei modi, l’avversione verso ogni ostentazione del lusso, l’attenzione verso gli ultimi, i poveri del mondo. Non si era limitato all’esempio: aveva cominciato a mettere in vendita i beni della Chiesa. Gli immobili, ma anche gli ori, i gioielli, le azioni. Per donare tutto ai poveri.



Aveva cambiato il volto della Chiesa, costringendo vescovi e cardinali ad annunciare il Vangelo nei quartieri poveri, nelle baraccopoli di tutto il pianeta, nelle periferie del mondo. Aveva costretto gli alti prelati ad andare in giro senza scorta, senza auto, solo un copricapo rosso, li distingueva dai semplici preti da strada.



L’esempio si rivelò contagioso: verso la Chiesa accorsero nuovi fedeli, i seminari tornarono a riempirsi, l’intero pianeta sembrò avvolto in una nuova era di spiritualità.



I politici dovettero seguire l’esempio, le politiche degli Stati tornarono ad essere rivolte al sociale, ad occuparsi degli ultimi, di chi è in difficoltà. Una profonda riforma della Finanza mondiale, impedì il ripetersi di gravi crisi recessive, come quella del 2008.



Forse non poteva durare, forse Francesco chiese troppo alla sua Chiesa. La riforma dell’elezione del Papa, fu il suo tragico errore. I lupi che erano rimasti nascosti nell’ombra tornarono a tramare, per tornare all’opulenza di un tempo.



Il Papa con la riforma di Francesco poteva essere revocato, ma solo con la maggioranza dei due terzi di un Sinodo convocato da almeno il cinquanta per cento più uno dei Cardinali.



Un anno bastò per rendere possibile l’ipotesi estrema: in Curia, nei palazzi arcivescovili del pianeta, vescovi e cardinali erano stanchi di dover girare per strada per fare proseliti, per alleviare le sofferenze dei poveri. Chi pensava alla loro sofferenza? Vivevano ormai come miserabili, dovevano rendere conto in rete su come spendevano i loro soldi, i pedofili della compagnia finivano diritti in prigione, denunciati dai loro stessi confratelli. Si era mai vista una cosa così?



La folla era in attesa del nuovo pontefice: sui megaschermi in Piazza San Pietro, tra poco il successore di Francesco, avrebbe tenuto una conferenza stampa. Era quello che prevedeva la nuova riforma e così fu.



Il tempo passava e del Papa e della sua conferenza non vi era traccia, erano quasi tre ore che era stato annunciato l’Habemus Papam. Il portavoce Vaticano comunicò alla stampa di tutto il mondo che la conferenza del nuovo Santo Padre era rinviata all’indomani pomeriggio alle 17.



La folla sfollò delusa da Piazza San Pietro, ciascuno dei fedeli e dei turisti presenti si chiedeva cosa mai potesse avere indotto il nuovo Pontefice a rimandare la conferenza stampa. La stessa domanda rimbalzava in tutte le redazioni di giornali, siti web e televisioni del pianeta. Per la prima volta tra l’annuncio della fumata bianca e la presentazione del Papa sarebbero trascorse almeno ventiquattro ore.



La conferenza stampa del giorno dopo fu annullata: alle undici un altro comunicato informò l’opinione pubblica di un nuovo rinvio. Questa volta non c’erano indicazioni su quando si sarebbe tenuta la conferenza stampa di presentazione del Papa. Telecamere, reporter e giornalisti, assiepavano la Città del Vaticano: si era sparsa la voce che anche il nuovo Pontefice era stato deposto dopo qualche ora dell’elezione.



Tre giorni dopo l’annuncio dell’Habemus Papam, il nuovo Papa si materializzò davanti ai giornalisti: l’incedere solenne, l’abbigliamento sfarzoso, la croce d’oro e diamanti, l’anello piscatorio d’oro. Tutti i simboli della tradizione spazzati via dal ministero di Papa Francesco, tornarono all’antico splendore.



La stampa riconobbe subito il cardinale Del Vecchio, arcivescovo di Genova: in latino, con la formula di rito, annunciò di aver preso il nome di Alessandro VIII.  Sempre in latino tenne il discorso di presentazione e nella lingua ufficiale della Chiesa rispose alle domande della stampa. Tacque sulle vere ragioni dell’annullamento delle precedenti conferenze stampa: ai fedeli di tutto il pianeta chiese un contributo economico straordinario per risollevare le sorti delle casse del Vaticano, da tempo desolatamente vuote. Il suo programma disse sarebbe stato l’opposto del precedente Pontefice; voleva che la Chiesa tornasse all’antico splendore, che vescovi, cardinali e preti fossero rispettati dalla popolazione per ciò che rappresentavano, non per il loro impegno quotidiano nel sociale.



Giornali e televisioni scavarono a fondo su ciò che era successo: il ritardo nella presentazione del nuovo Pontefice era dovuto alla ricerca dei gioielli e delle vesti che Papa Francesco aveva venduto per donare il ricavato ai poveri del pianeta. La Santa Chiesa aveva chiesto alle Banche i finanziamenti necessari al riacquisto di quei tesori: aveva dovuto pagarli il doppio di quanto li aveva venduti. In garanzia aveva dato la Basilica Vaticana, l’ultima proprietà di un certo valore che era rimasta allo Stato del Vaticano.



Il primo atto di Alessandro VIII fu l’espulsione dalla Chiesa e la scomunica del Cardinal Bergoglio, accusato di eresia. Il secondo l’annullamento di tutti gli atti del suo pontificato.



L’ex Papa Francesco è da poco stato eletto Presidente della Repubblica Argentina, con oltre il novanta per cento dei voti dei suoi connazionali.

mercoledì 13 marzo 2013

Un delfino in frac






Una marcia al Palazzo di Giustizia di Milano? Quando mai! Piuttosto una visita differita di un ex guardasigilli, in compagnia di un centinaio di amici parlamentari ai locali del tribunale, una specie di gita turistica per spiegare ai nuovi deputati e senatori cosa è un organo giudiziario.



Prendete Scilipoti: mi ha chiamato il giorno prima e mi detto - Angelino, ma lo sai che non ho mai visto un tribunale della Padania? Ho un'ammirazione per la Ilda, per me è pure più bona della Minetti, ma perché non me la fai conoscere? 



Potevo restare insensibile ad una tale richiesta? Ne ho parlato con Ghedini e mi ha rassicurato. - Domenico, secondo me, è proprio il tipo che può fare perdere la testa alla Ilda, vediamo di combinare un  appuntamento-. Ammetto che forse la cosa mi è sfuggita di mano, non tutti forse avevano la stessa ammirazione di Domenico per le donne magistrato. Magari dovevo lasciare a casa la Santanchè. Non sa proprio cantare, non conosce le parole dell'Inno di Mameli. L'ho sorpresa che intonava " Sono una donna non sono una Santa" di Rosanna Fratello. Nessuno sentiva il bisogno che ce lo ricordasse. 



Visto il successo mediatico della prima passeggiata di salute, ci stiamo organizzando per le repliche, così tanto per tenerci in forma. In settimana saremo di scena al Palazzo di Giustizia di Palermo, la mia città, per difendere il diritto al legittimo impedimento di Bernardo Provenzano e Totò Cuffaro, due veri eroi nella lotta per la difesa della democrazia. Pensate che le toghe rosse di Palermo hanno negato a Provenzano il diritto ad avere un colloquio riservato, una specie di vertice al massimo livello, con il capo della camorra! Dove andremo a finire di questo passo? E Cuffaro? Aveva solo chiesto di poter ricevere in prigione due o tre chili di cannoli al giorno! Non gli hanno respinto la richiesta? Solo perché non è di sinistra. Pensate che al suo posto a Crocetta, non gli avrebbero concesso anche un paio di cassate al dì?



Siamo arrabbiati e non abbiamo intenzione di fermarci. Non invaderemo pacificamente solo i tribunali della Repubblica dove si commettono delle ingiustizie verso i cittadini, ma ci recheremo nei ministeri per far sentire la nostra solidarietà alla popolazione. 



Tremonti sta organizzando una visita ad Equitalia, ha già pronti cartelli e grafici per spiegare agli impiegati cosa sono le tasse, ha già scoperto una decina di buchi neri: più che un tributarista, sembra un astrofisico. La Russa ha preso di mira una base Nato: è convinto di poter portare via un carrarmato  e di usarlo come mezzo di trasporto per recarsi in parlamento. Dovete capirlo! Sin da ragazzo gli è sempre piaciuto giocare al piccolo golpista. 



Sgarbi ci sta organizzando una visita agli Uffizi per ampliare i nostri orizzonti culturali, seguita da una serata elegante con cena e dopocena ad Arcore. Il capo ha messo a disposizione una flotta d’elicotteri per il trasporto e un migliaio di signore eleganti in abito lungo inguinale per il trastullo. E per le parlamentari dite? Dimenticavo, per le signore è prevista la compagnia di Fede ed Apicella, oltre che la nostra, beninteso.

Poi ciascuno si può arrangiare come crede, non siamo mica bigotti!



Le mie responsabilità aumentano di giorno in giorno, ora che il Capo è "cecato", tocca a me che sono stato la luce dei suoi occhi, la difesa della democrazia. Mi sto preparando seriamente, studio tanto per diventare il delfino del capo: ho bisogno di perdere venti centimetri, non di girovita, ma di altezza. Con i tacchi del Capo sembro uno da NBA; non può funzionare. Ho già prenotato il trapianto di capelli, sto cercando tra i re dell'area del Magrehb, la mia Rubi. Sinora ho trovato solo un paio di ragazze in carne con i baffi, in età da zitellaggio, ma non dispero. I miei informatori stanno lavorando sodo. 



A proposito della passeggiata al palazzo di Giustizia. Avevo invitato anche l'ex senatore Di Gregorio, proprio quello che dice di aver ricevuto tre milioni di euro per passare dal centro sinistra a noi nel 2006. Il maleducato non si è fatto vedere, ci sta rovinando tutti. Da quando hanno saputo quanto c'è costato arruolare quel gaglioffo, Razzi, Scilipoti e quella ventina di deputati che hanno fatto il salto della quaglia nel 2010, sono tornati a battere cassa, vogliono l'integrazione rispetto a quanto percepito. 



Questi del centro sinistra non li capisco, sono proprio degli allocchi: gli mancano solo una quindicina di voti al Senato per governare insieme a Monti. Noi a quest'ora avremmo già risolto la questione: quarantacinque milioni di euro cash e smacchiavamo il giaguaro. Possono chiederli a quell'industriale di Ivrea, proprietario di Repubblica, poi magari si possono fare una legge "ad partitum" per recuperarli. 



Qui siamo tutti in vendita al miglior offerente: anche io per tre milioni di euro sono disposto a passare armi e bagagli al PD e a varare da ministro della Giustizia la più dura legge sul conflitto d'interessi che un Parlamento abbia mai licenziato. Il testo è pronto in ogni dettaglio; lo abbiamo scritto a quattro mani con Ghedini, lo tiravamo fuori quando il Capo era in ritardo con i pagamenti, per spaventarlo. È pure svenuto quando glielo abbiamo letto per intero!



Come sta il Capo? Bene, non badate a ciò che scrivono i giornali, è tutta una manfrina per far arrabbiare la Boccassini. Si sta divertendo un mondo con questa storia delle visite fiscali: s'è portato da casa gli strumenti taroccati. La macchina per l'elettrocardiogramma, i misuratori di pressione, sono tutti fasulli, il Capo scoppia di salute. Sta giocando al gatto col topo con la Ilda: speriamo solo che non venga a saperlo Scilipoti. E' già arrabbiato per la storia dei tre milioni a De Gregorio, se scopre che stiamo a prendere in giro la Boccassini, ci fa fuori tutti!



Ora vado a studiare da Delfino, ma in frac. Sto prendendo lezioni di canto, se mi va male, magari posso fare una carriera da chansonnier. Il contrario del capo che è partito come cantante ed è finito a fare il presidente del Consiglio. A me forse toccherà il percorso inverso: se mi vedete cantare su una nave da crociera, mi raccomando non lesinate sulle mance!




lunedì 4 marzo 2013

Caro amico mi scrivo



Caro amico mi scrivo


La firma in calce a questa lettera è la tua, o quella che sarà la tua tra cinquant’anni. Ti scrivo dal futuro: non è uno scherzo, ma la realtà. La data di questa mail è due ottobre 2064, ho da poco compiuto settantaquattro anni, è indirizzata a me stesso quando avevo, appena vent’anni. Posso scrivermi dal futuro grazie ad una recente scoperta scientifica che ci consente, almeno per la trasmissione di documenti elettronici, di abbattere le barriere del tempo. Credo che in molti, in questo istante, stanno facendo il mio stesso tentativo: spiegare il futuro per vedere se è possibile cambiarlo.

La popolazione mondiale sta per raggiungere ormai gli undici miliardi, le risorse del pianeta non bastano per tutti; è un fatto che incide sulla vita quotidiana. L’energia è razionata: possiamo utilizzarne la metà di quanto ne avevamo a disposizione all’inizio del secolo. Possiamo usare l’auto solo a giorni alterni, abbiamo dei tetti per l’acquisto di generi alimentari: non possiamo comprare più pane, pasta, carne, di quanto previsto dalla nostra card dietetica giornaliera.  Abbiamo delle tessere elettroniche che controllano tutto, anche la vita privata, è sottoposta a verifiche invasive. Per motivi fiscali, ma non solo.

Qualche anno fa è andato in pensione l’ultimo lavoratore con un contratto a tempo indeterminato; è stato sulle pagine di tutti i quotidiani, il governo ha indetto una giornata di festa nazionale per l’occasione. Il contratto di lavoro più lungo è trimestrale: c’è un’agenzia statale, però, che monitora le necessità delle imprese e si occupa di farci trovare subito un’altra occupazione.
Assorbe ormai il dieci per cento della forza lavoro e ha costi spaventosi, ma la disoccupazione non esiste più.

Si va in pensione a settantacinque anni, dato che l’aspettativa di vita ormai ha superato i cento anni. C’è un tetto di venticinque anni anche per il pagamento dell’assegno pensionistico: chi supera il secolo di vita, se non ha un altro reddito, o una famiglia in grado di mantenerlo sino alla fine dei propri giorni, può scegliere di ricorrere all’eutanasia assistita. Neppure la Chiesa ormai si oppone a questa pratica molto comune.

La giornata lavorativa è di dieci ore o più esattamente di otto più due: otto di lavoro e due di studio. Cosa studiamo? Ci aggiorniamo sulle novità tecnologiche, apprendiamo nuovi mestieri per essere pronti, alla scadenza del contratto, ad essere subito produttivi, in un’altra azienda. Il tempo libero è un lusso che non possiamo permetterci: è razionato anche quello.

C’è una card anche per l’amore: in essa sono memorizzati gli appuntamenti scelti dall’agenzia governativa specializzata per farci conoscere l’anima gemella. Funziona così: chi è single è obbligato a compilare un questionario con l’indicazione delle proprie preferenze. Sesso, età, caratteristiche fisiche e caratteriali della persona cercata: un algoritmo provvede a trovare le affinità elettive, i desideri incrociati, le persone le cui preferenze combaciano alla perfezione. C’è l’obbligo d’incontrarsi e di tenersi in contatto almeno per un mese e di fare sesso: se dopo questo periodo la scintilla non scatta, il grande fratello, si metterà alla ricerca di un nuovo partner ideale.

Il matrimonio è stato abolito, sostituito da contratti di cinque anni: alla scadenza si può decidere di rinnovarlo o di separarsi. La Chiesa come l’ha presa? Ha strepitato per un po’ ma poi ha fiutato l’affare e ha concesso il proprio benestare. Da quando ha avuto l’esclusiva delle unioni temporanee, attraverso un’asta pubblica, nuota nell’oro.

La pressione fiscale è arrivata al settanta per cento: il restante trenta per cento, però, grazie alle restrizioni sull’acquisto di generi alimentari, di carburante, di vestiti, basta a sbarcare con dignità il lunario. La moneta è elettronica, il contante è stato abolito già da una ventina d’anni. Il risparmio è razionato: non può superare, per legge il dieci per cento del reddito. Il surplus o è reinvestito o viene trasformato in titoli del debito pubblico a lunga scadenza.

Il Grande fratello controlla tutto: ci sono telecamere in ogni angolo di strada, in tutte le abitazioni. Gli unici luoghi dove è concesso di tenerle spente sono la camera da letto ed i bagni. La privacy è inesistente: ogni discussione è intercettata dai potenti algoritmi dei servizi d’intelligence, la posta elettronica è sotto sorveglianza. Forse il prezzo pagato per sconfiggere la criminalità, per ridurre al minimo i reati è troppo elevato. Le pene per chi spegne le telecamere o i microfoni sono severissime e immediate. Le prigioni non sono piene di ladri e assassini, ma di fanatici della privacy.

Ribellarsi è impossibile: la democrazia rappresentativa non esiste più. Niente elezioni, parlamento, partiti: spazzati via dagli eccessi di corruzione e dall’avvento della società tecnologica. Le decisioni sono prese a maggioranza con referendum on line: chiunque può avanzarne una, sono esposte nella bacheca delle leggi da approvare. C’è un mese di tempo per leggerle, discuterle e metterle ai voti. Sono talmente tante, però, che fatalmente non possono essere approfondite dalla maggioranza della popolazione. Spesso vengono votate al buio, senza avere alcun’idea di che cosa significhino: le leggi in vigore, però, non possono essere abrogate prima di due anni di attuazione.

Assemblee e riunioni sono consentite solo attraverso il web, per evitare disturbi alla quiete pubblica: in realtà, ormai, sono una rarità anche in questa forma. La democrazia è diventata un votificio, almeno un’ora della giornata è dedicata all’approvazione o meno delle proposte di legge: non c’è tempo per discussioni di altro tipo.

Niente democrazia, energia e cibo razionati, pensione a scadenza fissa, dieci ore al giorno da dedicare al lavoro e allo studio, vita privata invasa dallo Stato, matrimoni a tempo determinato, relazioni sentimentali obbligatorie almeno per un certo periodo, la galera in caso di ribellione: è questo il futuro che immaginavamo da giovani, quando il web era solo un’occasione di conoscenza, di socializzazione, di svago?

Non credo, a cambiare rotta si è ancora in tempo: sono ancora in tempo nel 2013, se do retta all’esperienza dei miei prossimi cinquant’anni.