venerdì 25 gennaio 2013

Lo strano fenomeno delle stanze nomadi



Uno strano fenomeno stava suscitando l'attenzione dei media, da qualche giorno in alcune zone del piccolo centro abitato di un paese della Sicilia, si vedevano stanze d'appartamenti circolare liberamente per le strade. Non camper, ma vere stanze, con tanto di finestre, proprietari ed inquilini. Erano persino più disciplinate degli automobilisti, rispettavano il colore dei semafori, lampeggiavano quando dovevano svoltare a destra o a sinistra. Ciò non impediva, comunque al traffico di andare in tilt: immaginatevi d’essere fermi al semaforo, accanto ad una stanza d'appartamento o d'albergo con un ignaro inquilino che legge il giornale o guarda la televisione sdraiato sul divano o con una coppia impegnata a fare l'amore. Come reagireste? Bene di sicuro, se l'inquilino è una giovane e bella ragazza o un aitante giovanotto. Cosa fareste, dunque, nel vedere una stanza che va in giro per la città senza alcuna guida? Non so voi, ma le autorità preposte alla quiete pubblica non l'hanno presa tanto bene: intanto queste stanze non hanno la patente di guida, non dispongono di una targa, non si fermano all'alt dei vigili o delle forze dell'ordine, rallentano il traffico, distraggono gli automobilisti. L'altro giorno in una di queste stanze in libera uscita si svolgeva un'orgia d.o.c, una di quelle feste a base di musica, sesso e cocaina a fiumi: l'unico traffico non bloccato era quello degli smartphone che scaricavano le immagini più piccanti filmate dai tanti guardoni accorsi in massa sul posto. Le forze dell'ordine aspettavano disposizioni: non potevano senza una valida ragione intervenire sul luogo dell'evento. Le ragioni di quel fenomeno erano incomprensibili: una commissione di studio non aveva riscontrato alcuna differenza tra le stanze comuni e quelle nomadi. Sembravano costruite con materiali simili, con tecniche identiche: solo comprendendone i meccanismi, si poteva trovare una soluzione al problema. Furono consultate le menti più geniali del Paese: un fenomeno così frequente e macroscopico doveva avere una spiegazione. L'impresa si rivelò troppo ardua per i matematici, i fisici teorici, gli scienziati di grido, i massmediologi. Il dibattito sulla stampa era ampio e approfondito: in ogni quotidiano c'era una rubrica in cui ciascuno poteva avanzare un'ipotesi e le tesi a sostegno della propria idea. C'era chi credeva che le stanze fossero guidate da degli extraterrestri invisibili, chi era convinto che a muoverle era una mano divina, desiderosa di lanciare un messaggio d’avvertimento ai terrestri peccatori. Il clamore mediatico attirò l'attenzione dei vertici della nazione: le news provenienti dall'area interessata erano fonte di crescente preoccupazione. Lanci d'agenzia dell'Ansa, riportavano la notizia di un incidente tra due stanze che procedevano in direzione opposta. Le conseguenze sembravano disastrose: le prime indiscrezioni parlavano d’alcuni morti e feriti tra gli automobilisti di passaggio. Gli inquilini, invece, pur in stato di choc se l'erano cavata solo con qualche graffio. Il Presidente del Consiglio convocò il ministro degli interni per dei ragguagli sulla situazione. Il capo del Viminale chiamò il responsabile della Polizia e dei servizi segreti, per avere notizie sullo stato dell'arte delle indagini. Il capo della Polizia inviò una mail al commissario che seguiva il caso, per avere delucidazioni e novità. Il commissario Occhipinti chiese ad alta voce e con tono brusco all'agente Puglisi, di che cazzo si stesse occupando. Il sottoposto, innervosito dalle continue interruzioni mandò a quel paese, il commissario, che doveva riferire al capo della Polizia, che a sua volta doveva relazionare il responsabile dei servizi, che in tempi rapidi doveva spiegare al ministro dell'Interno lo stato delle indagini, che nervoso aspettava risposte per rassicurare il Presidente del Consiglio. Una telefonata dal responsabile della C.I.A. incuriosì il Capo del Viminale: i servizi americani informavano in modo informale i nostri vertici che loro non avevano nulla a che fare con quello strano fenomeno. La tempistica sembrò sospetta: perché si era scomodato addirittura il responsabile dell'intelligence, si chiesero in molti, per rigettare un'accusa che nessuno aveva mai avanzato? Un'ipotesi si fece strada nella mente di tutti: in quella zona, già da qualche mese erano state installati tre trasmettitori parabolici ad altissima frequenza e due antenne, in un'area dove a causa di precedenti installazioni militari si erano verificati  numerosi e anomali casi di leucemia e di malattie cancerogene, dovuti all'elevata esposizione alle onde elettromagnetiche. Restava da capire se lo strano fenomeno delle stanze nomadi avesse una qualche relazione con l'installazione dei nuovi trasmettitori parabolici oppure se i responsabili dei servizi statunitensi, temevano che la localizzazione del fenomeno favorisse una campagna d’opinione e di stampa contro il sito militare di quell'area. Il responsabile delle CIA non fu l'unico a fare quell'associazione d'idee: presto anche la stampa cominciò a sostenere la tesi che gli strani fenomeni di Niscemi, dipendessero dall'elevato grado d'inquinamento elettromagnetico. Le indagini strumentali rivelarono livelli di elettromagnetismo tripli rispetto a quelli tollerati dal corpo umano. I cittadini si mobilitarono: anche dai paesi vicini era un susseguirsi di proteste, assemblee, manifestazioni, cortei pacifici e non. Il governo aveva le mani legate: i trattati internazionali impedivano la chiusura unilaterale di un sito militare della Nato. L'entità del fenomeno nel frattempo si era ampliata, senza che nessuno trovasse una spiegazione plausibile. Gli incidenti, i morti per scontri tra stanze di appartamento erano ormai quotidiani: tra coloro  che protestavano c'erano anche i ladri di professione. Per svolgere in sicurezza il loro mestiere era necessario che la stanza non si muovesse. Alcuni denunciarono il fatto che dei loro colleghi all'opera, si erano trovati, dopo avere fatto il giro del paese, catapultati davanti al comando di Polizia e arrestati in flagranza di reato. Col loro striscione: "Stanze immobili e piene di contanti: ecco ciò che vogliamo" chiedevano la solidarietà dei derubati. Non se la passavano meglio gli ubriachi, gli stupratori, gli assassini: statistiche alla mano, il numero dei reati era drasticamente calato nelle ultime settimane. Il clima era ormai irrespirabile: una soluzione andava trovata con urgenza. Se non si poteva eliminare il fenomeno, almeno si poteva provare a regolamentarlo per legge. Deputati e Senatori scatenarono la fantasia: c'è chi propose di consentire nelle ore notturne, solo la circolazione delle stanze nomadi, per limitare il numero delle vittime degli incidenti. Un deputato in vena di scherzi propose l'obbligo di patente per le stanze nomadi, un altro, l'obbligatorietà delle cinture di sicurezza e del test dell'alcol prima della partenza. La legge licenziata in tempi fulminei dal Parlamento, però, non trovò tutti d'accordo: un lungo corteo di stanze la contestò duramente. Fu minacciato il blocco del traffico, se non veniva ritirata immediatamente. Una nuova legge, scritta ed approvata in quarantotto ore, abrogò la precedente. Il fenomeno non si estendeva a macchia d'olio: era sempre circoscritto nella zona limitrofa a Niscemi. Trovarono la soluzione: ventiquattro ore per scrivere la proposta, farla approvare dalla commissione Lavori Pubblici della Camera e dall'Aula di Montecitorio, per trasferirla al Senato e dopo un iter fulmineo licenziarla come legge e portarla per la firma al Capo dello Stato: cose mai viste stavano accadendo in Italia. La legge approvata prevedeva il trasferimento immediato dei cittadini di Niscemi negli alberghi vicini e l'abbattimento di tutte le abitazioni. Il paese sarebbe stato ricostruito in un altro sito distante una cinquantina di chilometri dal vecchio centro abitato. Le stanze nomadi furono distrutte: qualcuno sostiene di aver visto girare in quella zona calcinacci, pezzi d'intonaco, pietre pesanti. Forse sono solo leggende, ma gli abitanti di Niscemi, sognano un giorno di poter tornare sui terreni dei loro avi e non si rassegnano alla perdita delle radici. Un giorno, forse, a cavallo di case nomadi, potranno fare il loro viaggio di ritorno!

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