mercoledì 2 gennaio 2013

Cinque piccoli indiani e un sordomuto




Cinque piccoli indiani, una scatola di scarpe con cinque bicchieri, un venditore di granite sordomuto: ecco i protagonisti di questa storia. Bernardo svolgeva il mestiere di granitaio solo d'estate; da ottobre a maggio, invece, vendeva jeans e maglioni al mercato di Piazza Stesicoro, in quella che i catanesi veraci chiamano "a fera o luni"', la fiera del lunedì, che da quando ho memoria, a dispetto del nome, si svolge tutti i santi giorni dell'anno esclusa la domenica. Una bolgia di gente, d’odori e profumi, di suoni: questo è il posto in cui Bernardo prova a piazzare la propria mercanzia, dove ogni venditore cerca con la propria voce di coprire quella dei concorrenti. Come un sordomuto possa, in quel contesto, vendere qualcosa, è un mistero che non sono mai riuscito a spiegarmi. Forse aveva una moglie che l'aiutava o un figlio che urlava al posto suo. Probabilmente era proprio questa ragione a spingerlo ai primi caldi a tirar fuori dal garage la bicicletta che serviva a trainare il carrettino triangolare, dove era nascosto un pozzetto da gelataio.  Arrivava in Via Curia, la strada in cui abitavamo, alle sette di mattina, annunciato dal suono del suo fischietto: si piazzava al centro della strada, proprio di fronte al portone di casa e attendeva. Non lo costringevamo ad aspettare a lungo: era già da mezz'ora che tendevamo le orecchie in attesa dei suoi trilli. Avevamo preparato l'occorrente: quattro bicchieri di Nutella vuoti, uno di birra media, duecentocinquanta lire. Il bicchiere di birra era quello di Erminio: poteva contenere il doppio della granita degli altri, il problema era cercare di convincere Bernardo a riempirlo sino all'orlo di granita allo stesso prezzo degli altri. La discesa delle scale era da Guinness dei primati, roba da medaglia olimpica. Una volta in strada cominciava la commedia: dopo aver coperto sino all'orlo i bicchieri di Nutella con granita al gusto di mandorla, cioccolato o limone, Bernardo iniziava a riempire il bicchiere di birra, ma da esperto commerciante lasciava molti vuoti tra una cucchiaiata e l'altra. Era il momento clou della commedia: Erminio protestava, dicendo che aveva lasciato troppi vuoti, "ncarca" diceva a voce alta a Bernardo. Il sordomuto scuoteva la testa, con suoni gutturali cercava di spiegare a mio fratello che a quella cifra non poteva aggiungere altro. "Ncarca" ossia pressa, ripetevamo tutti in coro, "Ncarca" urlavano da balconi e finestre quanti seguivano la scena. Bernardo provava a resistere: erano anni ormai che durava quella commedia, forse si divertiva anche lui a recitare la sua parte. Alla fine cedeva, tra gli applausi dei presenti, prendeva le nostre duecentocinquanta lire, saliva sulla bicicletta e andava a vendere altrove la sua granita. La salita delle scale non era meno veloce: mamma nel frattempo aveva apparecchiato la tavola, messo il pane nel cestino. Granita e una brioche, anzi due: da noi, in estate si usa fare colazione così. Noi non potevamo permettercelo: ci accontentavamo del pane, meglio se appena sfornato dal panificio di Via Vittorio Emanuele. Fosse stato per noi, avremmo consumato colazione, pranzo e cena con quelle granite: non erano certo le migliori, anzi erano piuttosto a buon mercato. Al bar, una fatta a regola d'arte, poteva costare anche cinque volte il prezzo pattuito con Bernardo: ma era già un lusso se pensavamo ai digiuni in collegio, ai tanti giorni in cui ci toccava digerire solo qualche pezzo di cioccolata d'infima qualità. In autunno mamma faceva la cotognata siciliana: una vera bomba calorica che ci serviva a sopravvivere per tutto l'inverno: ce ne portava tre o quattro forme quando veniva a trovarci in collegio. Ogni mattina ne tagliavamo una striscia e la mangiavamo di nascosto, era così zuccherata che non avevamo bisogno d'ingerire altro sino a sera. Sopravvivevamo con piccoli espedienti: ad esempio barattando il primo o il secondo del pranzo o della cena con la merenda. Quando lo stomaco borbottava o quando avevamo le lacrime agli occhi per la tristezza, pensavamo alla granita di Bernardo ed ai suoi sforzi inauditi per parlare, alle lunghe trattative per avere un cucchiaio di granita in più: ed il buon umore tornava come d'incanto. I cinque piccoli indiani sono oggi dispersi per l'Italia, sono anni che non possono riunirsi: il giorno che sarà possibile il menù è già fatto. Granita e due brioche a colazione, scacciata e pizza per cena, a pranzo la pasta al forno di mamma non può mancare: costruire qualche palla di carta e giocare nel cortile può concludere l'epopea della nostalgia. Erminio non ha perso l'abitudine: appena mette piedi in Sicilia si precipita al bar più vicino ed ordina una granita e due brioche. Inverno o estate poco cambia: poi se ne fa preparare un paio di chili da consumare nei giorni in cui resta quaggiù. La prossima volta dovrò ricordargli di chiedere che gli sia servita in un bicchiere di birra media e di mettersi a trattare sul prezzo, così tanto per divertirsi e per onorare la memoria di Bernardo, il granitaio sordomuto più simpatico del mondo.



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