sabato 19 gennaio 2013

Versi in mutande e guêpiere




La convocazione

 Arthur Rimbaud fu avvertito da un sibilo, simile ad uno schiocco di frusta, dell'arrivo di un sms sul suo smartphone d’ultima generazione. Lesse incuriosito: si trattava di una convocazione in direzione, la prima da quando abitava in quel luogo. Si chiese cosa mai potesse volere da lui il gran capo, poi, però, tornò ai suoi pensieri: il tempo del percorso e avrebbe saputo. Dovette attraversare di corsa il grande parco dei divertimenti, dove una moltitudine gaudente, ci dava dentro di brutto: in quel luogo l'unico svago ammesso e tollerato era l'amplesso. Il Kamasutra era il libro più letto, lo conoscevano tutti a memoria: ogni quattro anni la direzione consentiva lo svolgimento dei giochi olimpici del sesso. Non era bello come può sembrarvi: di gente normale, da quelle bande, c'è n'era davvero poca. Giunse presto al centro direzionale: l'unico posto in cui l'aria condizionata era a tappo, tutto l'anno. Fu necessario coprirsi le spalle con un maglione: le temperature, erano più basse di venti gradi rispetto a fuori. Fu introdotto nell'ufficio del capo da un'attrice di grido, una di quelle che in vita avevano fatto il pieno nei teatri, nei cinema e nei letti. Mega schermi, computer, amplificatori di suoni, mixer da fantascienza, tecnologia d'avanguardia: ogni angolo di quel luogo non sfuggiva al controllo dell'intelligence del capo. Tutto era registrato, analizzato e poi archiviato: nessun giudizio o punizione; più buio di mezzanotte tanto non può fare. Il capo lo attendeva seduto nella poltrona con vista sul parco giochi: visto da lassù lo spettacolo era ancora più impressionante. Un cielo rosso cupo, l'odore di zolfo e di putrefazione, di corpi cui non era concesso l'uso dell'acqua e del sapone, cumuli di spazzatura e di letame dappertutto. La voce del capo era suadente, profonda, da attore consumato: non perse tempo in convenevoli, ma avanzò la sua proposta. Un concorso di poesia erotica, aperto a tutti, dannati ed eletti, peccatori ed anime pure: l'invitò a presiedere la giuria, a scegliere in piena autonomia gli altri giurati. Spiegò le ragioni della sua scelta: voleva elevare il livello culturale dell'Inferno, gareggiare per bravura e talento con Purgatorio e Paradiso. Le ultime statistiche rivelavano una costante riduzione dei nuovi ingressi e delle vocazioni. Era qualcosa cui porre rimedio subito, con iniziative promozionali, con una campagna pubblicitaria più tambureggiante sulla Terra e sui pianeti che consentivano forme di vita evolute. Rimbaud rifletté un attimo, prima di accettare: chiese carta bianca nella scelta dei temi e delle regole del concorso. "Il premio chiese a bruciapelo qual'e'?" Non basta una targa, un premio in denaro, per invogliare i dannati alla scrittura: il sesso preferiscono praticarlo e non descriverlo. "Al vincitore sarà consentito di vivere di nuovo" rispose sicuro il capo, prima di congedarlo. All'uscita trovò Pier Paolo Pasolini in attesa: tra breve gli sarebbe stato offerto di girare lo spot del concorso e la campagna pubblicitaria dell'Inferno. L'ufficio stampa diramò subito il comunicato con la notizia del concorso poetico "Sesso: all'Inferno o in Paradiso è bello lo stesso", subito ripreso dai colleghi degli altri luoghi ultraterreni.


Selezione della giuria


La pagina Facebook di Arthur Rimbaud fu presa d'assalto: in poche ore ci furono almeno trecentomila contatti. La notizia ebbe il potere di scuotere persino angeli e beati: anche lì, il sesso fu lo sport praticato per quel giorno. Il sesso degli angeli? Balle, anche loro, hanno le palle! Rimbaud scelse in fretta la squadra giudicante: a Baudelaire, affiancò Pietro l'Aretino, Cecco Angiolieri e Fedor Dostoevskij. Stabilì le regole: ogni partecipante poteva proporre tre poesie a sfondo erotico. La partecipazione era consentita solo ai dilettanti, a chi in vita non aveva fatto della poesia e della letteratura, la propria fonte di sopravvivenza. Inviò una copia del bando alla redazione stampa dell'Inferno, del Purgatorio e del Paradiso. Arrivò una valanga di versi osceni, di parole senza senso: il sesso, evidentemente, è più facile praticarlo che cantarlo. Non mancavano, però, le perle: c'erano dei componimenti che sembravano proprio sgorgare dalle corde dei grandi poeti della storia. Tra le mail che attirarono l'attenzione di Rimbaud, ci fu quella di una certa "Viaggiatrice degli Inferi" che allegava quello che a prima vista sembrava il rifacimento della poesia di Dante "Tre donne intorno al cor mi son venute" Era quella a suo dire la prima stesura della poesia, quella che Dante le aveva fatto pervenire in gran segreto con una delle sue serve: nella cultura del tempo, però, per certi argomenti non c'era spazio e aveva dovuto stenderne una versione più edulcorata. La lesse con attenzione: la mano, poteva essere quella del grande poeta. La salvò in una speciale cartella, per poterla valutare con più attenzione. Il giorno dopo la storia sembro ripetersi: "Acqua azzurra, acqua chiara" allegava alla sua mail i versi erotici molto audaci, scritti e spediti quando era ancora in vita da Francesco Petrarca in persona. "Non al suo amante più Moana piacque/quando per tale ventura tutta ignuda/la vide in mezzo de le calde acque/a trastullar due attrezzi, cruda/nel passar dall'uno all'altro in un lampo". Chi l'avrebbe mai creduto, pensò tra sé e sé, Rimbaud, prima di salvare il testo e di passare alla lettura di una nuova mail. Sembrava che in Paradiso si fossero passati la parola: fu tutto un fiorir di versi lussuriosi, postati dalle donne dei poeti più grandi della storia. Il regolamento parlava chiaro: il concorso era vietato ai professionisti della penna, forse poteva chiudere un occhio, se "Viaggiatrice degli inferi", "Acqua azzurra, acqua chiara", "Fiamme lussuriose" o "Ragazza di campagna" decidevano di presentare le poesie come proprie.

Nuove idee


Rispose alle loro mail, invitandole a presentare i testi come da regolamento, ma col proprio nome, perché altro non era possibile. Continuò nella selezione del materiale del concorso, in attesa di una risposta. Passò qualche giorno prima di ricevere le mail tanto attese: forse si erano consultate, fatto sta che tempi e contenuti erano molto simili. Rifiutarono sdegnate: non potevano appropriarsi di ciò che non erano loro, né potevano esporre a brutte figure chi le aveva scritte. Eppure Rimbaud non voleva rassegnarsi: doveva trovare il modo di far diventare pubblico quel materiale, di squarciare il velo dell'ipocrisia che ancora nasconde la vera natura della poesia. Cercò nelle pieghe del regolamento, si consultò con gli altri giurati, studiò ogni possibile soluzione, ma invano. L'idea migliore venne a Pietro l'Aretino: "Perché disse non facciamo filtrare notizie del concorso sulla terra? Ci sarà pure un sito d scrittura dove in questo momento c'è un concorso di poesia erotica? Possiamo inviarvi il nostro materiale, compreso quello di cui stiamo trattando". La proposta fu approvata all'unanimità, fu affidato a Cecco Angiolieri, il compito renderla esecutiva. L'Angiolieri prese a monitorare il web alla ricerca del sito più adatto alla pubblicazione del materiale del concorso, ma non trovò granché di soddisfacente: uno non gli andava bene perché poco frequentato, nell'altro erano inseriti solo testi superficiali, nella maggior parte i testi erotici non erano pubblicati in vetrina, ma inseriti in un area riservata. Ci volle del tempo per trovare quello giusto: quando già era sul disperato andante s'imbatte nel sito web "Versi in mutande e guêpiere". Lesse e vi s'iscrisse col nickname "dadi e slot machine", per gioco vi pubblicò dei versi scritti ad hoc e ne attese la pubblicazione. 


Versi in mutande e guêpiere 


Il redattore lesse distrattamente l'ultima proposta: era quella di un nuovo iscritto, un tal di nome "dadi e slot machine". Restò basito! Che strano stile, fu il suo primo pensiero. Rilesse più volte il testo:

La  mia donna m'ha mandato al cesso


La  mia donna m'ha mandato al cesso
Perché di carezzare la mia spada
E' già da un po' che si è stufata
per lei se non si rizza ormai è lo stesso.

E mi ripete che il suo cuore adesso
Batte per un altro che la spada
Ha lunga, dritta e sempre affilata
Non come me che fallo spesso.

Perché una medicina non inventate
Che a comando mi fa trombare?
La donna mia mi prende a pedate

Se ancora una volta a scopare
Non riesco, dopo tre prove fallate
C'è l'esclusione sine die dalle gare.

Il solito ragazzino strafatto, pensò. Eppure nel suo stile c'è qualcosa di antico: forse prima di farsi stava a leggere un po' di storia. Approvò e pubblicò senza battere ciglio, senza dire un fiato. Le letture della poesia decollarono, non mancarono i curiosi, i commenti sfottenti: un certo " son sfinito di sesso" ad esempio chiedeva a quanto la davano le madonne del tempo (più che sfinito di sesso, sembrava intontito dal vino); un certo "mi gioco tutto" voleva sapere in quale sito poteva giocare a dadi. Commenti sulla poesia? Tutti generici, in fotocopia "bella, piaciuta, digerita", quasi fosse una camomilla e non satira di costume. Ma se il convento non passa altro che si può fare? Rimbaud e i giurati fecero il punto della situazione: lessero il regolamento del concorso "Orge in versi, con annessi e connessi", prima di stabilire il da farsi. A Baudelaire fu dato il compito d'inventare i nickname più adatti ai testi da proporre, a Dostoevskij, fu chiesto di decidere la scaletta delle proposte e di tenere i contatti con la redazione e la giuria. A sé stesso Rimbaud lasciò il piacere di proporre i versi audaci dei grandi della poesia. Chiese a tutti di pubblicare qualcosa sul sito, protetti dal nickname potevano sbizzarrirsi, mettere da parte ogni tabù nello scrivere di sesso. 

Orge in versi con annessi e connessi. 


 I redattori notarono un anomalo incremento dei testi in concorso, almeno il triplo rispetto agli anni precedenti. Ne erano contenti, ma non avevano una spiegazione pronta per il fenomeno: l'altra stranezza che notarono era l'estrema varietà degli stili. Negli altri anni molti testi sembravano delle fotocopie: al di la del valore effettivo c'era un comune sentire degli autori, un filo rosso che li univa. Rimasero sorpresi  dall'originalità di certi nickname: ad esempio c'era chi si firmava "fatto d'assenzio", chi "albatros morente", chi "sparo al colore". Ed ancora "un demone per amico", "una foglia di fico sul di dietro", "lingua senza inchiostro". Molti testi furono scartati perché non attinenti al tema del concorso: in alcuni l'audacia non andava oltre un bacio in bocca, una carezza sulla guancia, un incrociarsi di sguardi. Archeologia del sesso, insomma. I redattori concentrarono l'attenzione su alcuni testi: sembravano la parodia di poesie conosciute o una declinazione sul versante erotico delle stesse. "Tre donne intorno al core mi son venute" ad esempio, trattava di tre lesbiche in calore in piena azione, davanti agli sguardi di curiosi e guardoni. La vicenda di "Cloridano e Medoro" dell'Ariosto, invece, era il racconto di un amore omosessuale. "Solo et pensoso" di Petrarca era un inno alla masturbazione, come il "Passero solitario" di Leopardi anch'essa riscritta con tale intento. E che dire di "Quanto è bella giovinezza" di Lorenzo de Medici, trasformata nella descrizione di un orgia di gruppo, tra Bacco, Arianna, Satiri e Ninfette? Roba per cuori forti. Il concorso era riservato ad opere originali, ma quei rifacimenti, potevano essere considerate tali? Era necessario approfondire l'argomento. Fu convocata apposta una riunione di redazione. Le posizioni sull'argomento erano molto divergenti: certo era strano, fece notare qualcuno, un tale proliferare di versioni erotiche di testi famosi. Fu deciso di accettarle tutte: sulla qualità della scrittura nessuno ebbe qualcosa da eccepire.

Echi dal Paradiso


L'intenso traffico di mail con l'Inferno destò la curiosità e l'attenzione del servizio d'intelligence del Paradiso, che decise di monitorare ogni comunicazione. Bastò qualche giorno per avere un quadro chiaro della situazione e per stendere un primo rapporto alle gerarchie. San Pietro in persona trovò un lungo dossier sulla sua scrivania: arrossì alla lettura di quei versi audaci, per certi passaggi dovette ricorrere all'aiuto di traduttori o di esperti del settore. Su quell'argomento, la sua esperienza era molto limitata. Valutò la possibilità di convocare prima le autrici delle mail e poi gli autori dei testi, inviati al concorso indetto dalla direzione dell'Inferno. Prima di ogni cosa, però, inviò un messaggio riservato a Lucifero, per bloccarne la selezione. "Viaggiatrice degli inferi", "Acqua azzurra, acqua chiara", " Fiamme lussuriose", "Ragazza di campagna" furono convocate d'urgenza e sottoposte a un interrogatorio. Non poterono negare l'evidenza: confermarono di essere le autrici delle mail inviate a Rimbaud, ma sostennero, a differenza di quanto affermato in precedenza, di esserne le autrici. Era un tentativo, generoso, quanto vano, di tenere fuori da quella storia, i veri autori. Bastò poco per scoprire la verità: nei tablet, di Dante, Petrarca et company, c'era traccia di quei versi.  Fu istruito un processo per direttissima: l'accusa venne affidata a San Tommaso, la difesa, invece, toccò a Sant'Agostino. 

Rumors dall'Inferno


Il messaggio di San Pietro fece drizzare le antenne a Lucifero, che convocò subito Rimbaud e l'intero comitato giudicante del concorso, non prima di aver chiesto d'urgenza una relazione scritta sullo stato dei lavori. I servizi d'intelligence gli avevano già riferito dell'istruzione di un processo a degli imprecisati autori di poesie erotiche. Volle saperne di più, prima di rispondere per iscritto alla richiesta di San Pietro. La relazione di Rimbaud si rivelò esaustiva: conteneva i versi incriminati, le mail con cui erano stati inviati, tutti i messaggi scambiati con le anime del Paradiso, i verbali delle riunioni in cui si era deciso di pubblicarle sul sito "Versi in mutande e in guêpiere ". Una brutta gatta da pelare, pensò tra sé e sé, il responsabile dell'Inferno: decise di giocare d'astuzia, di accontentare San Pietro, senza ostacolare il lavoro di Rimbaud e soci. Rispose alla comunicazione del Paradiso, garantendo l'esclusione di quei versi dalla selezione del concorso, in quanto contrari al regolamento. Poi invogliò Rimbaud a proseguire nell'opera di diffusione sulla terra, delle stesse opere, approvandone in toto il comportamento. 


Il concorso " Orge in versi"

Allo scadere del termine previsto per l'invio dei lavori, il comitato giudicante si mise all'opera per scegliere, come da regolamento cinque composizioni. L'opera vincitrice del concorso, sarebbe stata scelta dai lettori, con un'apposita votazione. La selezione non fu difficile: solo una però delle composizione inviate dall'aldilà, entrò nelle cinquina vincente. Le altre, a parere del comitato giudicante, risultavano antiquate nello stile, banali nelle metafore, poco ispirate. I risultati della selezione, pubblicati con una nota della giuria, sulla prima pagina del sito "Versi in mutande e guêpiere" suscitarono lo sconcerto di Rimbaud e soci, ma dettero lo spunto, all'intelligence del Paradiso, per avanzare una proposta di soluzione alle gerarchie. Bastava trovare il modo di evitare la pubblicazione dell'unico testo selezionato dalla giuria, per sistemare le cose. San Pietro, dopo aver letto la relazione pervenuta sul proprio tavolo, approvò la proposta e lasciò carta bianca ai servizi d'intelligence su come metterla in pratica. I membri del collegio giudicante del concorso "Orge in versi" furono sottoposti a opposte pressioni: mail, lettere minatorie, sogni funesti, si sprecarono. Non capivano il perché di tutto l'interesse per quel testo: probabilmente non sarebbe stato nemmeno il vincitore del concorso. 


Mosse e contromosse

Lucifero convocò nuovamente Rimbaud e soci: alzò la voce, spiegò che quella sfida andava vinta a ogni costo. Allargò i cordoni della borsa: non mise tetti di spesa per ungere qualche ingranaggio, per la corruzione di  giurati e lettori. Ordinò all'intelligence di rintracciare i nominativi di ogni singolo lettore del sito degli ultimi sei mesi: al momento opportuno, gli sarebbero stati proposti dei soldi, per votare i versi che stavano loro a cuore. Un'analoga riunione si svolgeva contemporaneamente negli uffici della dirigenza del Paradiso: ai servizi d'intelligence fu chiesto di bloccare a ogni costo, la pubblicazione dei versi troppo audaci di un'anima eletta. Se fosse stato necessario ungere qualche ruota, si sarebbero voltati dall'altra parte, avrebbero finto di non aver visto l'accaduto. La guerra dei servizi segreti fu senza esclusioni di colpi: a ogni singolo lettore del sito arrivarono proposte economiche opposte. Per votare una certa poesia o per evitare di leggerla. Qualche buontempone pensò di accettarle entrambe: poteva votarla senza leggerla, in fin dei conti. Bastava entrare, non degnarla di uno sguardo e andare sul pulsante della votazione. C'era un problema di difficile soluzione, su cui si appuntò l'attenzione dei servizi: come fare a impedire l'accesso di nuovi lettori? Chiunque, in teoria, poteva entrare nel sito, leggere la poesia e votarla. Furono trovate due soluzioni: la prima consisteva nell'avvalersi delle prestazioni di un sensitivo in grado di anticipare il futuro, la seconda più sicura, di bloccare l'accesso al sito, con l'intervento di hackers professionisti. La soluzione più votata fu la seconda. Gli hackers più abili in circolazione, però, ricevettero delle proposte opposte: per bloccare il sito e per facilitarne l'accesso. La soluzione inventata dall'intelligence dell'Inferno, ad esempio, fu quella di convogliare su quell'indirizzo, i navigatori in cerca di siti porno. Gli hackers, in maggioranza, scelsero la seconda soluzione: solo perché era meglio retribuita. 


Il processo

In paradiso, intanto, era tutto pronto per il processo: gli imputati, erano accusati di “ offesa al comune senso del pudore” e di scritti pornografici. La difesa di Sant’Agostino si rivelò debole: non sosteneva la libertà d’espressione nell’arte, ma chiedeva soltanto clemenza per i propri assistiti. Avevano scritto quei versi, sosteneva, in un momento di debolezza, di crisi interiore, di smarrimento dei veri valori dell’esistenza. Ne elencava poi i meriti: piccoli ed umani vizi, non potevano offuscarne la gloria, che non solo i contemporanei, ma anche i posti, avevano decretato. Gli imputati fecero atto di pentimento, dopo aver reso piena confessione: si dimostrarono contriti, pronti ad accettare il giudizio della corte. Ciò non bastò all’accusa: San Tommaso fu intransigente nel puntare il dito sugli imputati. Arrivò a proporre l’espulsione dal Paradiso o l’astensione in eterno dalla lettura e dalla scrittura di ogni opera. Per la giuria la decisione non fu semplice: gli imputati furono espulsi dal Paradiso e dirottati in Purgatorio, ma solo per un centinaio d’anni. Avrebbero, però, potuto continuare a leggere, a informarsi, a diffondere il loro pensiero attraverso gli scritti. La sentenza scontentò tutti: ma in Paradiso, a differenza che sulla Terra, c’è un solo grado di giudizio, non è possibile ricorrere in appello.


Hackers contro


Il giorno tanto atteso era arrivato: in mattinata sul sito “ Versi in mutande e in guepiere” sarebbero state pubblicate le cinque poesie selezionate dalla giuria. All’Inferno e in Paradiso avevano fatto le cose in grande: c’era la diretta dell’avvenimento, davanti ai megaschermi una folla di anime seguiva con passione gli eventi. Applausi, slogan da stadio, accompagnavano ogni entrata di un navigatore nel sito o qualunque respingimento da parte degli hackers al soldo del Paradiso. Dopo qualche ora era già possibile stilare un primo bilancio: tutti i vecchi utenti del sito erano stati respinti con perdite. Gli hackers che lavoravano per il Paradiso si erano dimostrati più abili: quelli pagati da Rimbaud e soci, invece, avevano commesso un clamoroso errore. Chi navigava in certi siti vietati ai minori era dirottato come previsto sulle pagine di “Versi in mutande e guepiere”, ma insieme al filmato che aveva deciso di guardare. Sui megaschermi di Inferno e Paradiso, dunque, beati e dannati poterono farsi un’idea precisa delle fantasie sessuali dei terrestri del XXI secolo. Risate a crepapelle: fu questa la reazione delle anime dell’inferno. “ Sono dei dilettanti” fu il commento più gettonato; i fischi, superarono di gran lunga gli applausi. Le anime del paradiso, invece, presero caterve di appunti: curiose, ma indispettite da ciò che si erano perse in vita, per amore della virtù. L’errore degli hachers dell’inferno non ebbe conseguenze: i vertici, si ritennero soddisfatti dello spettacolo andato in scena e dallo share raggiunto dalla diretta televisiva dell’evento. Il concorso “ Orge in versi con annessi e connessi” fu annullato dopo che per una settimana nessuna delle poesie selezionate aveva ottenuto dei voti.


Nepotismi


La giuria presieduta da Arthur Rimbaud completò la selezione del materiale del concorso “Sesso: all’Inferno o in Paradiso è bello lo stesso”. Le poesie scelte furono pubblicate sul sito web dell’Inferno, in una pagina creata ad hoc ed inviate agli uffici stampa del Purgatorio e del Paradiso. Ai servizi d’intelligenze nel frattempo erano arrivate delle soffiate: decisero di scavare a fondo sul profilo degli autori selezionati. La verità venne presto a galla: almeno la metà, protetti da nickname fantasiosi, erano parenti dei giurati. Cecco Angiolieri e Pietro l’Aretino si erano proprio dati da fare: oltre a selezionare i testi dei parenti, come accertò un’approfondita indagine, avevano anche scritto direttamente i versi. Un ampio dossier venne inviato alla direzione: la giuria fu convocata quasi all’istante. Messi alle strette i giurati furono costretti ad ammettere le loro colpe: si difesero sostenendo che avevano dei favori da ricambiare, che per questo non si erano potuti tirare indietro. Non restò che annullare il concorso: Lucifero, allargando le braccia commentò l’accaduto. “Qui abbiamo fatto ogni genere di concorso: di sport, di cinema, di bocce, di sesso. Con i poeti, invece, è sempre la stessa solfa: per una lode, un commento benevolo, un alloro sul capo, sarebbero disposti a vendere la madre al diavolo! Nessuno meglio di me può saperlo” Appunto.




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