giovedì 28 febbraio 2013

Un giorno da raccomandati



Una tappa obbligata per chi aspira ad un lavoro sicuro, al posto fisso che può consentirti di guardare con fiducia al futuro: la ricerca della raccomandazione, per entrare a far parte della grande comunità degli impiegati pubblici a reddito fisso. Mi ero data parecchio da fare negli ultimi mesi: avevo scomodato parenti d’ogni ordine e grado per trovare qualcuno che avesse l’aggancio giusto, che potesse presentarmi ad un politico influente, di quelli che possono cambiarti la vita, se giochi bene le tue carte. Di carte da giocare ne ho parecchie: un fisico da modella, una simpatia travolgente, quel pizzico di spregiudicatezza che non guasta, l’astuzia delle donne che sanno farsi desiderare, senza concedersi.

Le elezioni, però, sono arrivate come un fulmine a ciel sereno a guastare i miei piani, cambiando il volto del paese: da quando il “Movimento cinquestelle” è diventato il primo partito non si trova più un politico disposto a fare una raccomandazione nemmeno a pagarlo a peso d’oro. La nuova frontiera dei raccomandati è il web: nel sito personale d’ogni deputato o senatore c’è un’apposita sezione pubblica dedicata alle raccomandazioni. Vi può accedere chiunque: in genere è meglio postare un video che comprenda la lettura del curriculum e le richieste. Per farsi notare, però, è necessario aguzzare l’ingegno, girare qualcosa d’originale, magari di paradossale. L’ironia, a differenza della furbizia, è una merce molto apprezzata nella terza repubblica.

A scegliere chi deve essere raccomandato non è il deputato tizio o il senatore Caio, ma la platea dei navigatori che decide con un “mi piace” la sorte dei video postati: è la democrazia del ventunesimo secolo, bisogna adeguarsi. Non conviene fare i furbi, non serve a nulla, ad esempio, inserire il proprio video nel sito di tutti i novecento e oltre deputati e senatori. Chi lo ha visto da altre parti, non ha più alcun interesse a guardarlo o a votarlo. Per i furbi, sembra che non ci sia più posto, in questo paese.

Lo stile “Carosello” è quello che va più di moda: un duetto comico, in genere è molto apprezzato, non sono tollerate, invece, volgarità: pubblicità sì, ma con stile e umorismo.
Chi copia è fuori, meglio un video brutto ma originale, che un prodotto ben confezionato, ma di serie: il web non perdona la mancanza d’idee.

Non mi sono ancora presentata: mi chiamo Katia e sono laureata in archeologia col massimo dei voti e lode, in cerca d’occupazione. Ho una passione per il teatro, nel tempo libero recito con una compagnia d’attori dilettanti: il mio repertorio preferito è quello comico, amo Eduardo, la commedia napoletana e quella di Dario Fo. Sono fidanzata con Enrico, la nostra unione dura ormai da anni, è quasi un legame stabile.

Una raccomandazione può farmi comodo: sarà pure collettiva ma serve per attirare l’attenzione delle aziende che hanno bisogno di personale, sulle mie capacità e sui miei bisogni. Ho già in mente il video da costruire: utilizzerò qualche membro della compagnia teatrale per darmi una mano nella recitazione e nella realizzazione del lavoro.

Una notte nebbiosa, un sito archeologico etrusco: è questa l’ambientazione della prima scena del video. Calzamaglia nera e passamontagna: l’abbigliamento, abbinato ai capelli biondi, mi fa assomigliare ad Eva Kant in azione. Il mio Diabolik mi segue come un’ombra, mi aiuta a scavare nel terreno alla ricerca di un’anfora, di materiale archeologico in buono stato, da trafugare. La telecamera inquadra in primo piano un piatto: il frutto prezioso delle nostre ricerche.

La seconda parte del video si svolge a casa: la telecamera inquadra la mia camera, il letto, la libreria, il pavimento, quindi continua con uno zoom sulle gambe, la minigonna inguinale, i seni, il primo piano del volto. Poi mi riprende intenta a studiare il piatto d’origine etrusca, ho gli strumenti che mi consentono di datarlo, di restaurarlo sino a farlo tornare quasi alle condizioni originarie. Sul video scorrono i miei dati: nome, età, studi, hobby, precedenti occupazioni.
Guardo la telecamera e dico “ Non vorrete mica che questo sia l’unica maniera per svolgere il lavoro per cui ho studiato tanto?”

Non mi aspettavo tanto successo: dopo qualche giorno sono prima quanto a gradimento sul sito dell’onorevole Dario Figura del movimento cinque stelle, il più giovane degli eletti a Montecitorio nell’ultima tornata elettorale. Di contatti, invece, nemmeno l’ombra, almeno da parte delle aziende che operano nel settore dell’archeologia: tante mail, invece, da compagnie teatrali, registi in cerca di talenti esordienti. Forse, penso, ho sbagliato indirizzo di studi.

Il bisogno aguzza l’ingegno recita un proverbio: quando il piatto piange, bisogna pur far qualcosa. Il mestiere d’attrice mi piace: vorrà dire che invece di farlo da dilettante, lo svolgerò da professionista.
Decido di rispondere alle mail di maggiore interesse, non ho alcuna difficoltà ad ottenere dei provini, in pochi giorni.
Con mia sorpresa li supero quasi tutti brillantemente: ad un mese dal video postato, ho almeno tre proposte di lavoro interessanti da valutare. Scelgo quella più vicina al mio sentire: la proposta di una compagnia teatrale specializzata nella messa in scena di testi comici.

La raccomandazione e il talento non sono più antitetici, ora che non siamo più il paese dei furbi, l’eldorado dei parassiti della società.

L’archeologia è rimasta la mia passione: quando non sono impegnata in teatro indosso la calzamaglia nera, mi trasformo in Eva Kant, alla ricerca di nuove testimonianze del passato. Dopo aver datato e studiato il materiale trafugato, però, lo restituisco in modo anonimo al sito archeologico visitato. Insomma la tuta è di Eva Kant, ma l’animo, in fondo, è di Robin Hood o se volete, di Arsenio Lupin, stimato professionista del settore.

giovedì 21 febbraio 2013

Scherzi d'amore





Un caldo asfissiante, una sensazione claustrofobica; eppure indossavo solo i boxer, ma all'interno dell'armadio in cui mi trovavo, non potevo godere dell'aria condizionata che rinfrescava il resto dell'appartamento. Gli inconvenienti che capitano agli amanti: il marito che torna inatteso proprio sul più bello, non ha fatto nemmeno uno squillo per informare del suo arrivo, il maleducato! 
Ambra (è il nome della donna che mi ha scaraventato di forza nell'armadio praticamente nudo) qualche precauzione l'ha presa: ha lasciato le chiavi nella serratura della porta d'ingresso per costringerlo, a suonare il campanello per entrare. Giusto il tempo di raccattare i boxer, d'infilarmeli di corsa e di nascondermi in un anta dell'armadio della stanza da letto. Camicia, pantaloni, scarpe sono rimasti sulla poltrona ai piedi del letto: chissà, mi chiedo, come farà a giustificarne la provenienza.
 Tendo le orecchie per capire cosa succede nella stanza: il cigolio del letto, i gemiti, certi respiri ansimanti, non lasciano adito a dubbi. Chi è entrato dalla panchina sta per vincere la partita. 

Lo squillo del cellulare mi gela il sangue: non ho ancora imparato a spegnerlo in certi momenti, dannazione! Tendo le orecchie per capire cosa succede, poi apro appena la porta dell'armadio: Ambra dice al marito di lasciar perdere, di rispondere dopo alla chiamata, di completare ciò che sta facendo. 

Che genio quella donna! E' stata lei a scaricare quella suoneria del mio cellulare, vuoi vedere che è identica a quella del marito? Non mi stupirei se anche la camicia, i pantaloni e le scarpe che indosso e che sono rimasti nella stanza da letto, fossero in tutto e per tutto identici, a quelli indossati dal marito! Che organizzazione!

Il marito è solo di passaggio, dovendo raggiungere una località fuori città, ha pensato di passare da casa per farsi una doccia: trovata la moglie nuda e a letto, ha deciso di variare un po' il menù del programma.
La mia permanenza nell'armadio è durata solo un'ora, non abbastanza, comunque, per togliermi la voglia di fare l'amore con Ambra. Non mi piace lasciare le cose a metà, se ho un difetto, è proprio questo! 

La curiosità, dicono, è donna: non so se sia vero, io sono stato incuriosito dall'abilità di Ambra nel beffeggiare il marito. Ha regalato al coniuge e all'amante gli stessi abiti, l'identica suoneria del cellulare. Al marito che gli chiede cosa ci facessero i suoi vestiti sulla poltrona, può dire che sono il cambio dell'indomani, senza destare i suoi sospetti. 

Una domanda mi ronza per la mente: quanti abiti identici ha regalato? Solo io e il marito siamo i beneficiari della sua generosità, o posso aspettarmi d'incontrare per strada un giorno o l'altro, qualcuno vestito in modo identico a me?
Non ho buttato le confezioni di quei regali: la scatola delle scarpe, quella della camicia. Con un po' di fortuna posso rintracciare i negozi in cui sono stati acquistati. 

Qualche ora dopo mostro la camicia alla commessa del negozio di abbigliamento in cui è stata comprata; le chiedo se posso acquistarne un'identica. Mi risponde che non ne hanno più in magazzino, che le cinque unità ordinate sono state vendute tutte lo stesso giorno, a una sola cliente. 

Un marito e quattro amanti? Tutti con la stessa suoneria, vestiti in modo identico? Forse nella camera da letto di Ambra è necessario installare un apparecchio elimina code! Oppure mentre io ero un bagno di sudore nell'armadio, qualcun altro ascoltava gli stessi gemiti di piacere nascosto sotto il letto? 

Non so se sono più arrabbiato o divertito della situazione, ma un'idea balzana mi comincia a girare per la testa. 

Chiedo a un'agenzia investigativa d'indagare sulle relazioni extraconiugali di Ambra, voglio mettermi in contatto con gli altri tre che hanno ricevuto in dono i miei stessi indumenti di vestiario. Il mio interlocutore mi guarda perplesso, mentre gli spiego i miei sospetti, ma il cliente, quando paga ha sempre ragione.

Bastano poche settimane per avere nominativi, informazioni, foto, dei miei compagni..di viaggio, Ambra, evidentemente, non faceva molto per coprire le tracce dei suoi tradimenti. 

Contatto a tambur battente gli amanti di Ambra, li incontro separatamente e poi tutti insieme. Ho qualcosa da proporre loro, una beffa da restituire al mittente. Per riuscirci, però, ho bisogno di collaborazione. Espongo nell'incontro comune il mio piano: tutti devono essere informati quando Ambra contatta qualcuno di noi. Toccherà poi a noi stabilire chi si recherà all'appuntamento con la divisa d'ordinanza.

Il piano è eseguito con puntualità: all'appuntamento con Ambra non si deve  mai recare  il convocato. Alle rimostranze di lei, il nostro inviato può mostrare il suo messaggio di cellulare: per rendere più credibile la situazione, abbiamo acquistato quattro smartphone identici, che ci scambiamo prima di recarci all'appuntamento. 

La situazione è paradossale: confusa e insicura Ambra decide diradare gli appuntamenti, di consultare degli specialisti per curare le amnesie di cui sembra soffrire all'improvviso. L'aspetta, però, un'ultima sorpresa.

Il messaggio è arrivato sul mio smartphone, l'appuntamento è per l'indomani alle undici in un motel appena fuori città. Giro subito il messaggio ai miei compari, il giorno dopo ci dobbiamo presentare tutti, con la stessa divisa. Il piano prevede di arrivare al motel mezz'ora prima dell'appuntamento e di aspettarla insieme.

La faccia di Ambra quando ci vede tutti insieme vale da sola il costo del piano: quello dell'agenzia investigativa, degli smartphone uguali acquistati, del motel prenotato. Manca solo l'ultimo tocco artistico: da noi convocato per le sedici e quindici, l'ignaro marito di Ambra si presenta puntuale all'appuntamento. 

Quattro uomini vestiti allo stesso modo in una stanza di Motel con la moglie: non gli è difficile riconoscere gli indumenti di vestiario, anche lui ne ha d'identici. Non gli servono spiegazioni: gli basta che la moglie decida di tagliare la corda per capire. 

Non ho più rivisto Ambra da quel giorno, ma non mi pento di ciò che ho fatto. Ho trovato degli amici, magari un giorno o l'altro si riesce a tirare qualche altro tiro mancino     
a chi si crede furbo.

lunedì 18 febbraio 2013

La perla di Labuan

Aprii Skype e attivai la video chiamata e attesi con pazienza che Lady Marianna rispondesse. Dovetti ripetere l'operazione un paio di volte prima che la vedessi comparire sullo schermo. Ogni volta la sua bellezza mi toglieva il fiato: i lunghi capelli biondi, il viso perfetto, gli occhi azzurri, la tenerezza dello sguardo; non era un caso se di lei mi ero innamorato subito. Un amore contrastato dalle stelle: non era il verdetto dell'astrologo, quanto la constatazione che il padre della mia amata, mi aveva sguinzagliato dietro un esercito di sgherri, spie e mercenari. 
- Pronto, amore mi senti e vedi?- disse Lady Marianna con la sua voce flautata.
- Forte e chiaro risposi- prima di mimare l'invio di un bacio con la mano. 
- Ho posta per te. Hanno individuato il tuo nascondiglio, stanno per arrivare, hai giusto il tempo per fuggire.
- Non prima di dirti quanto ti amo. Vedo che chiami dalla tua stanza. Perché non ti metti a tuo agio? Sbottona la camicetta, fatti inquadrare tutta dalla webcam.
- E' inutili che insisti, non posso e non voglio. Pazienta sino al matrimonio.
- Campa cavallo, non succederà mai sino a che tuo padre mi darà la caccia. Ciao amore, prendo il necessario e scappo!!!!

Abbandonai di corsa il mio rifugio, insieme al fido Yanez. Portai con me solo il necessario: il tablet, lo smartphone, il portatile. Per seguire l'attività dei miei siti, avevo molti rifugi attrezzati sparsi in tutto il paese. Il mestiere di pirata, è più duro di quanto la gente pensi. Yanez girò la chiave dell'auto: sgommando partì a tutta velocità. Era un pilota straordinario, se gli sgherri di Guillonk, non sono mai riusciti a prenderci, è quasi tutto merito suo. Durante il viaggio ebbi modo di fare il punto sulle mie attività: il grafico delle entrate pubblicitarie puntava verso l'alto, come quello dei download illegali, di film e canzoni scaricati dai miei siti. Il mio, però, non era solo business: avrei potuto arricchirmi in altri modi, se ne avevo scelto uno così rischioso, era perché credevo e credo nelle pari opportunità per tutti. Davanti alla cultura e all'intrattenimento siamo tutti uguali: questo è il mio motto. Contattai i miei più stretti collaboratori per avere gli ultimi ragguagli: niente di nuovo sotto il sole. Un paio di cause legali delle major cinematografiche per violazione del copyright, le solite mail infuocate di cantanti e gruppi musicali. Le naturali conseguenze della pirateria elevata ad arte.

Un sms di Lady Marianna mi distolse dalle riflessioni. " Già mi manchi, appena arriva chiama subito". Una pattuglia di polizia segnalata dai nostri strumenti di bordo ci costrinse a un'inversione di marcia; i nostri volti erano segnalati in tutto il paese, tra i cento latitanti più pericolosi. Ci fermammo alla più vicina stazione di rifornimento, in attesa che il blocco delle forze dell'ordine togliesse le tende. Giungemmo a destinazione solo qualche ora più tardi, ma senza ulteriori contrattempi. 

-Tigre della Malesia a Perla di Labuan- siete in ascolto? Era il messaggio convenuto con Lady Marianna, il segnale che c'ero davvero io dall'altro capo di Skype. 
La risposta, la solita, arrivò a stretto giro di posta. 
-Perla di Labuan ha già i tuoi graffi sul cuore-.
Avviai la video chiamata: dall'altra parte dello schermo, però, Marianna aveva un coltello puntato in gola. Guillonk ci aveva scoperto. 

-La voce di Guillonk sibillò decisa: -Hai quattro ore di tempo per consegnarti alle autorità, è l'unico modo che hai per vedere ancora Marianna, quando, tra molti anni, sarai uscito di prigione-.
Chiusi la video chiamata.

Riflettei a lungo insieme a Yanez, convenimmo che Guillonk non avrebbe dato corso alle sue minacce. La vita di Marianna non era in pericolo, ma dovevamo fare qualcosa per separarla dal padre.

L'abitazione di Guillonk era una vera e propria fortezza, difesa da decine di guardie: c'erano " gorilla" dappertutto. L'unico modo per liberare Marianna era quello di trovare tra i collaboratori di Guillonk, qualcuno disposto a tradire dietro un adeguato compenso. Come previsto l'ultimatum era una sparata, trascorsero quattro ore, quattro giorni, quattro mesi, senza che succedesse nulla alla mia Marianna. Mi pesò molto, però, non poterla sentire: niente video chiamate, sms, l'oscuramento della comunicazione fu totale. 

Chiesi a un'agenzia investigativa informazioni sui più stretti collaboratori di Guillonk; le proprietà possedute, le azioni, i movimenti bancari, le abitudini di vita. La ricerca si rivelò fortunata: proprio il braccio destro di Guillonk, il signor Adams, navigava nei debiti. Aveva il vizio del gioco d'azzardo, spendeva una fortuna per mantenere ragazze che potevano essergli nipoti.
Lo contattai per interposta persona: se avesse accettato di far fuggire Lady Marianna, avrebbe potuto risolvere tutti i suoi problemi economici e campare di rendita per il resto della vita. 

Il piano messo a punto era semplice: Lady Marianna travestita da uomo, baffi e barba compresi, avrebbe lasciato la residenza di Guillonk a bordo dell'auto di Adams, diretta all'aereoporto, dove insieme a me e ad Yanez, avrebbe raggiunto uno dei paesi stranieri in cui i miei siti web non sono perseguiti dalle autorità. 

Filò tutto liscio: io e Marianna, un mese dopo appena, eravamo in salvo, marito e moglie con la benedizione di Santa Romana Chiesa. Guillonk, però, non si arrese, 
ci cercò per mari e monti, sino a quando non scoprì il nostro nascondiglio. Aveva le mani legate, non solo perché non poteva chiedere la mia estradizione, ma anche perché ora la figlia stava per renderlo nonno e non poteva togliere il padre a suo nipote.

 La sorpresa vera accadde proprio il giorno di Natale: nel pieno dei festeggiamenti suonò alla porta della nostra abitazione papà Guillonk. Aveva riempito la valigia di doni: per Marianna, per me e per la creatura che la figlia portava in grembo. Il cuore di nonno aveva prevalso sul dovere.

Ci annunciò che aveva dato le dimissioni dall'incarico, ci offrì il suo ramoscello di pace, ci chiese se poteva spostare quì la sua residenza. La sua famiglia eravamo noi, perchè avrebbe dovuto abitare da un'altra parte? 

E' tutti vissero felici e contenti, a parte le case discografiche e le major cinematografiche che ad ogni download illegale scaricato, vedono assottigliarsi i loro profitti miliardari. 

martedì 12 febbraio 2013

Il Papa della Biscia rubiconda



L'ultima mia visione è la più confusa, le immagini che ho in mente sono sfuggenti, difficili da mettere a fuoco. Il Santo Pontefice e l'Urbe prima che fosse messa a ferro e fuoco e distrutta da un'orda nemica, sono ben scolpiti nella mia memoria. Non mi è chiaro, invece, perché nel mio sogno premonitore ho visto le strade dell'operosa città di Mediolanum. Nelle centoundici visioni precedenti non ho mai avuto dubbi, le ho interpretate e fedelmente trascritte nel mio libro di Profezie di prossima pubblicazione. Sono Malachia vescovo e profeta del XII secolo dopo Cristo e stavolta non so che pesci pigliare. Ho una sola certezza che la centododicesima profezia è l'ultima: nessun altro Papa siederà sul trono di Pietro. Torniamo alla mia ultima visione, quella dell'ultimo pastore della Cristianità. Ho udito le sue preghiere, i fedeli che ne invocavano il nome, l'ho visto con in mano una biscia, accompagnato da donne da lapidare sulla pubblica piazza, impartire benedizioni col viso rubicondo. Il suo nome era quello di un bosco, ma aveva scelto Pietro per sedere sul trono papale: Pietro II Romano. Ora la visione si fa più chiara: vedo una Bolla, scritta di suo pugno, ordina il trasferimento del Papato a Mediolanum. Il popolo dell'Urbe è in rivolta, n’assedia la dimora, lo costringe a capitolare. È solo un trucco però: i popoli Longobardi sono già in marcia sull'Urbe, arrivano ad assediarla sotto la guida d’Umberto il Vandalo. Roma è tutta un incendio, i Longobardi banchettano al Colosseo, saccheggiano le case della nobiltà e ne stuprano le mogli. Pietro II lascia l'Urbe tra ali di folla in silenzio, il clero lo segue senza fiatare: è la fine di una civiltà millenaria? Pietro II è l'ultimo Papa Romano eletto in un conclave: con una nuova Bolla papale dopo aver abolito l'obbligo di castità per gli ecclesiastici, imporrà la successione per via dinastica. La casata della Biscia rubiconda è destinata a governare per secoli la nuova chiesa. La corruzione regnerà sul soglio di Pietro, le funzioni ecclesiastiche si concluderanno con la danza dei sette veli, Mediolanum sarà la nuova Gomorra, la vergogna della Cristianità. Servirà un nuovo diluvio, per riappacificare l'uomo con Dio, un Noè per salvare ciò che merita di essere preservato del genere umano. Possibile che non ci sia un modo per evitare la catastrofe, che nessuno sappia opporsi a questo avventuriero? Chiedo a Dio che m'illumini, che mi mostri con più chiarezza la verità. 




Ora posso vederlo in volto, sentire la sua voce: piccolo di statura, quasi pelato, si esprime in un latino stentato, quasi maccheronico. Come avrà fatto mi chiedo ad assurgere al soglio Pontificio? Vedo con chiarezza i suoi maneggi: è stata l'ingente, ma misteriosa fortuna a proiettarlo tanto in alto. Nella sua lussuosa residenza c'è una lunga corte di religiose: le ha scelte con cura nei conventi del Lazio, tra le più prosperose. Dietro quei veli si nascondono corpi lascivi, sensi votati al peccato e non alla preghiera di Dio. C'è la fila di Cardinali nel suo ufficio: escono tutti col sorriso sul volto. Li vedo che si sganasciano al racconto delle sue barzellette sconce, che arraffano lesti, le monete d'oro con cui ne paga l'amicizia e i servigi. La strada verso il Pontificato è spianata: anche l'ultimo manipolo di oppositori si è arreso dopo che i suoi sgherri ne hanno carpito i segreti. Una serie infinita di trame e ricatti lo ha assiso sul soglio papale. Il suo sorriso era gradito alla folla: ne ho sentito l'ovazione interminabile all'annuncio della sua elezione. Nessuno si è opposto: all'interno della Chiesa tutti hanno piegato il capo, al suo volere. Che si compia la Profezia allora, che l'umanità riparta nuovamente da zero, dopo aver espiato le proprie colpe! 




Pietro Romano non è l'ultimo Papa, ma il primo Anticristo asceso al soglio dell'Urbe. 


lunedì 11 febbraio 2013

I nuovi mestieri: il temporeggiatore





Passo le mattine nell’ufficio postale del mio quartiere; da quando è scaduto il mio ultimo contratto temporaneo, mi sono dovuto arrangiare. Un trentenne in attesa di occupazione: è questo il mio status, lo stesso di centinaia di migliaia di coetanei, in questi tempi di precarietà e finanze al verde. Mi sono laureato con centodieci e lode in filosofia già da cinque anni e ho fatto tutta la trafila del precario: il telefonista al call center, il postino per tre mesi, il supplente alle scuole medie. Sono stato cameriere, ho consegnato pizze a domicilio, inviato curriculum persino al paradiso e all’inferno, sostenuto decine di colloqui di lavoro, inutilmente. Ho accompagnato signore cinquantenni a cena e le ho seguite in camera da letto: la gioventù, forse, è l’unica merce che ha ancora un valore in certi ambienti. L’ufficio postale, come ho già detto, è quasi la mia casa: mi metto in coda dalle sette del mattino e attendo con pazienza l’apertura. Porto con me un libro per ingannare il tempo, scambio quattro chiacchiere con le signore in fila per riscuotere la pensione. Sono in genere tra i primi cinque ad entrare: aspetto che chi mi precede abbia preso il tagliando col numero eliminacode, per prenotare i successivi venti. Che ci faccio? Li vendo a coloro che non vogliono fare la coda per pagare la bolletta della luce, per riscuotere la pensione, per spedire una raccomandata. Con un euro possono evitare una levataccia o di trascorrere un paio d’ore in piedi all’ufficio postale; se il tempo è danaro, la mia proposta è un investimento. Il mio slogan è “ Fate l’amore non la fila alla Posta”: ai miei clienti assicuro il rimborso se l’attesa si protrae oltre il quarto d’ora. La mia organizzazione è perfetta: sullo smartphone segno l’orario di consegna di ogni numero eliminacode, in modo da poter rispondere con dati di fatto, ad eventuali contestazioni dei clienti. Non tutte le giornate, però, sono facili: quando va in tilt ad esempio il sistema informatico, sono costretto a rimborsare quasi tutto l’incasso. Il guaio è che non capita di rado. Non tutti sono contenti di ciò che faccio: chi non ha accettato la mia proposta, ad esempio, non vede di buon occhio di essere scavalcato dall’ultimo arrivato. Dopo la contestazione, però, si tranquillizza: per evitare discussioni gli offro gratis uno dei primi numeri a disposizione. I giorni più redditizi sono i primi del mese, quando sono in pagamento le pensioni; ho fatto affari d’oro, ad esempio,  nei giorni di versamento dell’Imu, di sicuro alle prossime elezioni, voto per la lista di Mario Monti. Credete che sia la mia unica occupazione? Vi sbagliate: dopo le diciannove e la domenica , ad esempio, lavoro in un distributore di benzina. Quando non c’è il personale addetto all’erogazione del carburante, aiuto i clienti a fare rifornimento, in cambio di una piccola offerta. In inverno col freddo, in estate col caldo, per molti è fastidioso uscire dall’automobile: faccio tutto io, prendo le chiavi, apro il serbatoio, inserisco le banconote nel distributore automatico, completo l’operazione di rabbocco e restituisco le chiavi al cliente. Mi bastano cinquanta centesimi per mostrargli il mio sorriso più smagliante. A volte riesco a rimediare una sveltina veloce in macchina con una coetanea disinibita, più spesso, invece, trovo una compiacente signora attempata che mi offre la cena e mi paga profumatamente per il dopo cena. Le ferie? Poche e saltuarie: se mi sposto dall’ufficio postale o dalla pompa di benzina preferita, rischio di trovare il posto occupato.  Dite che il mio è un lavoro senza concorrenza? Vi sbagliate, provate a fare il giro degli uffici postali o di quelli dell’Inps, per rendervi conto di come stanno davvero le cose. Far guadagnare tempo alla gente è il mio lavoro, il mio nome è Fabio Massimo e forse, già in questo, c’è il segno di un destino ineluttabile.   

venerdì 8 febbraio 2013

Un contratto da onorare


Suonai il campanello col cuore in gola. Qualche istante appena ed avrei potuto riabbracciare Valentina, la compagna di classe che ricordavo con maggiore piacere. La mia infatuazione per lei era cosa di dominio pubblico, non la ignorava, ma mai negli anni trascorsi fianco a fianco aveva ceduto alla tentazione di flirtare con me, magari solo per farsi quattro risate con le amiche alle mie spalle. Non mi aveva nemmeno illuso: non le avevo dichiarato il mio amore e lei aveva finto di non accorgersi delle mie attenzioni. Per questo, forse, ero rimasto spiazzato dalla sua telefonata e del successivo invito a casa: al telefono, era stata concisa e laconica, come chi non poteva parlare liberamente. Restai abbagliato dalla sua bellezza, appena aprì la porta: lunghi capelli e occhi neri, l'ovale perfetto del viso, il colore chiaro della pelle, il sorriso dolce e timido, la bellezza matura di chi naviga verso i trent'anni. Capii subito perché mi ero innamorato di lei: se solo volesse, anche ora, non esiterei un attimo a lasciare la mia attuale ragazza, per starle accanto! Cercai di mantenermi impassibile, mentre mi mostrava la sua abitazione: Valentina era sposata con un ingegnere informatico, faceva la casalinga a tempo pieno. Mi chiesi cosa potesse volere da me, perché dopo tanti anni mi avesse cercato, forse non ricordava più che ai tempi di scuola le morivo dietro? Non ci volle molto per arrivare al punto: frugando tra i libri delle superiori aveva trovato delle poesie che le avevo dedicato. Aveva da poco pubblicato un libro di versi, voleva regalarmene una copia e chiedermi un parere sul suo lavoro. Mi diede il suo libro, dedica e firma erano in evidenza in terza pagina: lessi il titolo. "Un'occasione mancata" era il titolo anche della prima poesia, non solo della pubblicazione: non mi addentrai nella lettura dei versi, ma dissi a Valentina che lo avrei letto con calma dopo. Fu una perfetta padrona di casa, il tempo scivolò in fretta, tra i ricordi e gli aneddoti del passato. Ci scambiammo i numeri del cellulare, ripromettendoci di tenerci in contatto, di risentirci quanto prima. Tornato a casa accesi lo stereo della mia stanza, sdraiato sul letto, presi a leggere i versi di Valentina. Che delusione! Più m'inoltravo nella lettura e più balzava ai miei occhi l'ingenuità dello stile, la pochezza  del lessico, la banalità del contenuto. Allo scoramento subentrò il timore: un mio parere sincero avrebbe potuto ferirla, magari offenderla. Non fui costretto a mentire, l'indomani mattina me la trovai davanti, quando il suono prolungato del campanello mi costrinse ad aprire la porta di casa. Entrò come una furia, rossa in volto, in stato di agitazione, era persino più bella. La costrinsi ad accomodarsi, a spiegarmi con calma la ragione di tanto nervosismo. Tra lacrime e singhiozzi mi spiegò l'accaduto. Aveva pubblicato il libro a pagamento, duemila euro tutto compreso per una tiratura di cinquecento copie: nel contratto firmato una clausola l'impegnava a ritirare l'invenduto. La casa editrice  l'aveva informata il giorno prima che aveva già consegnato il materiale al corriere per la spedizione. Al marito aveva nascosto la vera natura del contratto: non sapeva della pubblicazione a pagamento, liquidata con i soldi del conto in comune. Non poteva permettersi di tenere in casa le quattrocentocinquanta copie restanti: la bugia stava per essere scoperta. M'implorò di aiutarla, nascondendo in casa sua le copie invendute: era ancora in tempo per modificare la destinazione del pacco in arrivo. Non potei resistere alle sue lacrime, all'invocazione di aiuto; acconsentii dunque alla sua richiesta. Le chiesi cosa pensasse di fare con quei libri, se avesse intenzione di mandarli al macero, di regalarli, di farne un falò alla prima occasione? "Spero di venderli e tu puoi aiutarmi a farlo" fu l'inattesa risposta. Proprio una brutta gatta da pelare, pensai, ma non battei ciglio. Avevo bisogno di trovare un modo per aiutare Valentina. Il corriere consegnò l'indomani pomeriggio il voluminoso pacco della casa editrice. Dovetti dare delle spiegazioni in famiglia su quella strana consegna: mi limitai a fornire una versione obiettiva dei fatti del giorno precedente. Mi misi al lavoro per cercare di vendere quel materiale:  era già difficile convincere qualcuno ad acquistare libri di valore, in questo caso l'impresa mi sembrava proibitiva. Cercai di rintracciare i vecchi compagni di classe: via telefono, su Facebook, persino aspettandoli sotto casa, in qualche caso. Una copia l'avrebbero acquistata, pensai, magari per farsi qualche risata alle spalle di Valentina. Così fu, anche se dovetti sudare parecchio per convincerli a investire cinque euro su quella pubblicazione. Era il prezzo concordato con Valentina. uno sconto del cinquanta per cento sul prezzo segnato in copertina: a prezzo pieno il libro era invendibile. Venticinque copie in meno, ne restavano, però, più di quattrocento da smerciare. Ci volle qualche giorno e un vero e proprio bombardamento di sms, mail e telefonate di Valentina, per partorire l'idea giusta. Avrei  provato a vendere i libri della mia amica porta a porta. Del resto, pensai, se c'è qualcuno che vende costosissime enciclopedie, perché non provare a smerciare una pubblicazione di poesie da cinque euro? Scelsi di cominciare dal quartiere più elegante della sua città, infilai in una ventiquattrore cinquanta libri e ripassai a memoria il discorso di presentazione. Raggiunto il palazzo prescelto suonai al primo citofono, spacciandomi per il postino per farmi aprire senza discussioni. Raggiunsi il primo piano e suonai il primo campanello. La bionda signora che mi aprì la porta d'ingresso mi squadrò da capo a piedi, probabilmente superai a pieni voti il suo esame, perché mi fece accomodare senza alcun indugio, senza dover spiegare la ragione della mia visita. Le occhiate che mi lanciava erano inequivocabili: se gioco bene le mie carte, pensai, magari riesco a piazzare qualche copia in più. Oppure mi può dare l'indirizzo delle amiche cui proporre l'acquisto di "Un'occasione persa", il primo libro in versi di Valentina Rosato. Decisi di stare al gioco: ricambiai le sue occhiate, mentre aprivo la ventiquattrore e tiravo fuori la copia del libro. Giocai la carta della sincerità: le raccontai che non ero un venditore di professione, che stavo cercando di aiutare un'amica che aveva raccontato qualche bugia di troppo al marito. Cecilia, si chiamava così la mia interlocutrice, mi sedeva accanto, ma mi ascoltava appena: pensava a come sedurmi, accavallando le gambe, mettendo in mostra la scollatura, accarezzandomi distrattamente le ginocchia. Ad un tratto si alzò per prendere il cordless, quindi si assentò qualche minuto per telefonare. Al rientro mi disse che aveva trovato una soluzione al mio problema: dipendeva da me, però se accettarla o meno. Trasecolai davanti alla sua proposta: lei e altre sue tre amiche che sarebbero arrivate dopo qualche minuto, avrebbero acquistato l'intero set di libri, in cambio di favori sessuali non meglio specificati. Non dissi subito di no; chiesi soltanto di poter vedere anche le amiche prima di prendere una decisione. La mia interlocutrice assentì: le sembrò una proposta dettata dal buon senso. Mezz'ora dopo potevo ammirarla insieme alle amiche: età compresa tra i quarantacinque e i cinquanta, ben curate, il fisico allenato da molte ore di palestra settimanali. Poteva andarmi peggio, pensai, prima di accettare la loro proposta. Dovevo trascorrere due mattine con ognuna di loro, nei prossimi otto giorni. Per dimostrare la loro serietà mi firmarono un assegno con un acconto del venti percento sulla cifra pattuita. Decisi di parlare a Valentina del successo della missione a risultato concluso; per il momento mi limitai a vaghi accenni sulla possibilità di vendere in blocco il set dei suoi libri. Non mi sentii un gigolò; le quattro signore mi trattarono con tatto e gentilezza. Mai denaro fu speso così bene, mi dissero al momento del commiato, otto giorni dopo: se avevo qualche altro libro da proporre, un piccolo problema economico da sistemare, ormai conoscevo l'indirizzo, da loro avrei trovato sempre la porta aperta. Chiesi a Valentina di raggiungermi appena possibile, dovevo riferirgli fatti di una certa importanza. Si presentò l'indomani mattina e mi tolse il fiato per quanto era bella. Le mostrai l'assegno da duemila euro e spiccioli, ma tacqui ovviamente su ciò che avevo dovuto fare per vendere i suoi libri. Mi gettò le braccia al collo, pazza di gioia, mi spinse sul letto: dopo lunghi e appassionati baci, cominciò a spogliarmi, mi dimostrò con i fatti tutta la sua riconoscenza. Non mi aspettavo che succedesse, ma ne fui felice. Le chiesi cosa sarebbe stato di noi, ora che lei aveva risolto il problema che l'assillava. Mi rassicurò sul suo amore: aveva scoperto di desiderarmi profondamente, non poteva più pensare di poter fare a meno di me. Mi lesse i versi che aveva composto per me negli ultimi giorni, per dimostrarmi che non stava mentendo. Presto, mi disse, avrebbe avuto materiale per pubblicare un altro libro, con la stessa casa editrice del primo. Non fiatai: in fondo cosa volevo di più? Avevo appena finito di fare l'amore con la persona che più desideravo, se ne avessi avuto bisogno c'erano altre donne desiderose di farsi...in quattro per me. E' proprio vero che l'amore è poesia!