venerdì 8 febbraio 2013

Un contratto da onorare


Suonai il campanello col cuore in gola. Qualche istante appena ed avrei potuto riabbracciare Valentina, la compagna di classe che ricordavo con maggiore piacere. La mia infatuazione per lei era cosa di dominio pubblico, non la ignorava, ma mai negli anni trascorsi fianco a fianco aveva ceduto alla tentazione di flirtare con me, magari solo per farsi quattro risate con le amiche alle mie spalle. Non mi aveva nemmeno illuso: non le avevo dichiarato il mio amore e lei aveva finto di non accorgersi delle mie attenzioni. Per questo, forse, ero rimasto spiazzato dalla sua telefonata e del successivo invito a casa: al telefono, era stata concisa e laconica, come chi non poteva parlare liberamente. Restai abbagliato dalla sua bellezza, appena aprì la porta: lunghi capelli e occhi neri, l'ovale perfetto del viso, il colore chiaro della pelle, il sorriso dolce e timido, la bellezza matura di chi naviga verso i trent'anni. Capii subito perché mi ero innamorato di lei: se solo volesse, anche ora, non esiterei un attimo a lasciare la mia attuale ragazza, per starle accanto! Cercai di mantenermi impassibile, mentre mi mostrava la sua abitazione: Valentina era sposata con un ingegnere informatico, faceva la casalinga a tempo pieno. Mi chiesi cosa potesse volere da me, perché dopo tanti anni mi avesse cercato, forse non ricordava più che ai tempi di scuola le morivo dietro? Non ci volle molto per arrivare al punto: frugando tra i libri delle superiori aveva trovato delle poesie che le avevo dedicato. Aveva da poco pubblicato un libro di versi, voleva regalarmene una copia e chiedermi un parere sul suo lavoro. Mi diede il suo libro, dedica e firma erano in evidenza in terza pagina: lessi il titolo. "Un'occasione mancata" era il titolo anche della prima poesia, non solo della pubblicazione: non mi addentrai nella lettura dei versi, ma dissi a Valentina che lo avrei letto con calma dopo. Fu una perfetta padrona di casa, il tempo scivolò in fretta, tra i ricordi e gli aneddoti del passato. Ci scambiammo i numeri del cellulare, ripromettendoci di tenerci in contatto, di risentirci quanto prima. Tornato a casa accesi lo stereo della mia stanza, sdraiato sul letto, presi a leggere i versi di Valentina. Che delusione! Più m'inoltravo nella lettura e più balzava ai miei occhi l'ingenuità dello stile, la pochezza  del lessico, la banalità del contenuto. Allo scoramento subentrò il timore: un mio parere sincero avrebbe potuto ferirla, magari offenderla. Non fui costretto a mentire, l'indomani mattina me la trovai davanti, quando il suono prolungato del campanello mi costrinse ad aprire la porta di casa. Entrò come una furia, rossa in volto, in stato di agitazione, era persino più bella. La costrinsi ad accomodarsi, a spiegarmi con calma la ragione di tanto nervosismo. Tra lacrime e singhiozzi mi spiegò l'accaduto. Aveva pubblicato il libro a pagamento, duemila euro tutto compreso per una tiratura di cinquecento copie: nel contratto firmato una clausola l'impegnava a ritirare l'invenduto. La casa editrice  l'aveva informata il giorno prima che aveva già consegnato il materiale al corriere per la spedizione. Al marito aveva nascosto la vera natura del contratto: non sapeva della pubblicazione a pagamento, liquidata con i soldi del conto in comune. Non poteva permettersi di tenere in casa le quattrocentocinquanta copie restanti: la bugia stava per essere scoperta. M'implorò di aiutarla, nascondendo in casa sua le copie invendute: era ancora in tempo per modificare la destinazione del pacco in arrivo. Non potei resistere alle sue lacrime, all'invocazione di aiuto; acconsentii dunque alla sua richiesta. Le chiesi cosa pensasse di fare con quei libri, se avesse intenzione di mandarli al macero, di regalarli, di farne un falò alla prima occasione? "Spero di venderli e tu puoi aiutarmi a farlo" fu l'inattesa risposta. Proprio una brutta gatta da pelare, pensai, ma non battei ciglio. Avevo bisogno di trovare un modo per aiutare Valentina. Il corriere consegnò l'indomani pomeriggio il voluminoso pacco della casa editrice. Dovetti dare delle spiegazioni in famiglia su quella strana consegna: mi limitai a fornire una versione obiettiva dei fatti del giorno precedente. Mi misi al lavoro per cercare di vendere quel materiale:  era già difficile convincere qualcuno ad acquistare libri di valore, in questo caso l'impresa mi sembrava proibitiva. Cercai di rintracciare i vecchi compagni di classe: via telefono, su Facebook, persino aspettandoli sotto casa, in qualche caso. Una copia l'avrebbero acquistata, pensai, magari per farsi qualche risata alle spalle di Valentina. Così fu, anche se dovetti sudare parecchio per convincerli a investire cinque euro su quella pubblicazione. Era il prezzo concordato con Valentina. uno sconto del cinquanta per cento sul prezzo segnato in copertina: a prezzo pieno il libro era invendibile. Venticinque copie in meno, ne restavano, però, più di quattrocento da smerciare. Ci volle qualche giorno e un vero e proprio bombardamento di sms, mail e telefonate di Valentina, per partorire l'idea giusta. Avrei  provato a vendere i libri della mia amica porta a porta. Del resto, pensai, se c'è qualcuno che vende costosissime enciclopedie, perché non provare a smerciare una pubblicazione di poesie da cinque euro? Scelsi di cominciare dal quartiere più elegante della sua città, infilai in una ventiquattrore cinquanta libri e ripassai a memoria il discorso di presentazione. Raggiunto il palazzo prescelto suonai al primo citofono, spacciandomi per il postino per farmi aprire senza discussioni. Raggiunsi il primo piano e suonai il primo campanello. La bionda signora che mi aprì la porta d'ingresso mi squadrò da capo a piedi, probabilmente superai a pieni voti il suo esame, perché mi fece accomodare senza alcun indugio, senza dover spiegare la ragione della mia visita. Le occhiate che mi lanciava erano inequivocabili: se gioco bene le mie carte, pensai, magari riesco a piazzare qualche copia in più. Oppure mi può dare l'indirizzo delle amiche cui proporre l'acquisto di "Un'occasione persa", il primo libro in versi di Valentina Rosato. Decisi di stare al gioco: ricambiai le sue occhiate, mentre aprivo la ventiquattrore e tiravo fuori la copia del libro. Giocai la carta della sincerità: le raccontai che non ero un venditore di professione, che stavo cercando di aiutare un'amica che aveva raccontato qualche bugia di troppo al marito. Cecilia, si chiamava così la mia interlocutrice, mi sedeva accanto, ma mi ascoltava appena: pensava a come sedurmi, accavallando le gambe, mettendo in mostra la scollatura, accarezzandomi distrattamente le ginocchia. Ad un tratto si alzò per prendere il cordless, quindi si assentò qualche minuto per telefonare. Al rientro mi disse che aveva trovato una soluzione al mio problema: dipendeva da me, però se accettarla o meno. Trasecolai davanti alla sua proposta: lei e altre sue tre amiche che sarebbero arrivate dopo qualche minuto, avrebbero acquistato l'intero set di libri, in cambio di favori sessuali non meglio specificati. Non dissi subito di no; chiesi soltanto di poter vedere anche le amiche prima di prendere una decisione. La mia interlocutrice assentì: le sembrò una proposta dettata dal buon senso. Mezz'ora dopo potevo ammirarla insieme alle amiche: età compresa tra i quarantacinque e i cinquanta, ben curate, il fisico allenato da molte ore di palestra settimanali. Poteva andarmi peggio, pensai, prima di accettare la loro proposta. Dovevo trascorrere due mattine con ognuna di loro, nei prossimi otto giorni. Per dimostrare la loro serietà mi firmarono un assegno con un acconto del venti percento sulla cifra pattuita. Decisi di parlare a Valentina del successo della missione a risultato concluso; per il momento mi limitai a vaghi accenni sulla possibilità di vendere in blocco il set dei suoi libri. Non mi sentii un gigolò; le quattro signore mi trattarono con tatto e gentilezza. Mai denaro fu speso così bene, mi dissero al momento del commiato, otto giorni dopo: se avevo qualche altro libro da proporre, un piccolo problema economico da sistemare, ormai conoscevo l'indirizzo, da loro avrei trovato sempre la porta aperta. Chiesi a Valentina di raggiungermi appena possibile, dovevo riferirgli fatti di una certa importanza. Si presentò l'indomani mattina e mi tolse il fiato per quanto era bella. Le mostrai l'assegno da duemila euro e spiccioli, ma tacqui ovviamente su ciò che avevo dovuto fare per vendere i suoi libri. Mi gettò le braccia al collo, pazza di gioia, mi spinse sul letto: dopo lunghi e appassionati baci, cominciò a spogliarmi, mi dimostrò con i fatti tutta la sua riconoscenza. Non mi aspettavo che succedesse, ma ne fui felice. Le chiesi cosa sarebbe stato di noi, ora che lei aveva risolto il problema che l'assillava. Mi rassicurò sul suo amore: aveva scoperto di desiderarmi profondamente, non poteva più pensare di poter fare a meno di me. Mi lesse i versi che aveva composto per me negli ultimi giorni, per dimostrarmi che non stava mentendo. Presto, mi disse, avrebbe avuto materiale per pubblicare un altro libro, con la stessa casa editrice del primo. Non fiatai: in fondo cosa volevo di più? Avevo appena finito di fare l'amore con la persona che più desideravo, se ne avessi avuto bisogno c'erano altre donne desiderose di farsi...in quattro per me. E' proprio vero che l'amore è poesia!
















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