martedì 6 novembre 2012

Il duro mestiere del cognato

Fare il cognato è un duro mestiere, specialmente quando nell'albo di famiglia la voce sorelle è sbarrata ben cinque volte. Mi sono dovuto ingegnare sin da ragazzo per trasformare in un'opportunità, quella che si presentava come una sciagura, una vera calamità naturale. La mia specialità sono i politici, di tutte le fazioni, le latitudini, le razze:  ho un vero fiuto per scovarli quando sono agli inizi della carriera, per sottoporli al vaglio e al giudizio di chi li deve impalmare. La Dea bendata non è stata arcigna nei miei confronti: cinque sorelle cinque, da schianto, da infarto al primo sguardo, appariscenti e sexy, come non si sono forse mai viste. Non ricordo quando ho deciso di fare il cognato a tempo pieno: non so nemmeno, anzi, se posso esibirlo come mestiere sul biglietto da visita. Cognato di Tizio e Di Caio, di Sempronio, di Gianfranco e di Antonio: le feste di famiglia vanno convocate dal presidente del Senato, visto che quello della Camera, vi partecipa di diritto? Il sabato e la domenica prima delle elezioni, le riunioni di famiglia possono essere indette senza incorrere nelle sanzioni previste dalla legge? Procediamo con ordine: da giovane ero un ribelle che si occupava di politica; manifestazioni, dazebao, slogan, scontri con la polizia erano il mio pane quotidiano. Mi sforzavo di fare opera di proselitismo, con poca fortuna: solo le sorelle più grandi mi davano retta, seguendomi alle manifestazioni, per convinzione o per rimorchiare qualcuno; il leader del movimento, un aitante poliziotto della Celere, un vip di passaggio incuriosito dai colori del corteo. Una mattina ero davanti a Montecitorio, per protestare contro l'ennesima stangata di fine anno, la solita finanziaria lacrime e sangue: i deputati attraversano la piazza alla spicciolata; quelli della maggioranza con il bavero alzato per non farsi riconoscere e la coda tra le gambe, quelli dell'opposizione col sorriso a trentadue denti stampato sul volto, in gruppi di dieci a fare la ola come allo stadio. Massimo era un peones, un esordiente della politica che volle concedersi un bagno di folla come un leader affermato: trovatosi davanti le curve e le grazie di mia sorella, però, non poté fare altro che arrossire come un liceale dinanzi alla ragazza dei suoi sogni. Balbettò, incespicò sulle parole, farfugliò qualcosa, ma riuscì ugualmente a fornire a Marcella, la sorella più grande indirizzo e recapito telefonico. Corteggiamento, fidanzamento e matrimonio seguirono in rapida sequenza: fu così che ebbe inizio il mestiere di cognato. I passi successivi furono più facili: ben introdotta nei salotti della politica, grazie al matrimonio, a Marcella non fu negato di farsi accompagnare a turno da sorelle non meno attraenti e appariscenti di lei. Le proposte fioccavano: gli onorevoli già sposati promettevano attici in centro, auto di grossa cilindrata, per una relazione di breve durata. Non mancavano gli imprenditori prestati alla politica che proponevano ville ai Caraibi o in Costa Smeralda, comparsate in televisione, cessione di quote consistenti di azioni della propria azienda. Il consiglio di guerra era riunito in seduta permanente per vagliare le candidature dei futuri consorti: c'era chi spingeva per scegliere i pretendenti più ricchi, chi come me si sforzava di preferire coloro che avevano più tela da tessere, maggiori probabilità di fare carriera, di arrivare ai vertici della politica. Fu deciso di valutare le candidature di parlamentari di maggioranza e opposizione: per proteggersi dai capricci dell'elettorato e dalla pratica dello spoiler system. La scelta cadde su un deputato del Pdl, uno della Lega per il centro destra, uno del Pd e uno dell'Italia dei Valori per il centrosinistra. Cerimonie sfarzose, quasi matrimoni di Stato, per il numero di deputati e senatori, di generali delle forze Armate, di ambasciatori e di alti funzionari presenti. A me toccò la regia degli eventi: mettere d'accordo cognati tanto diversi e diffidenti richiese capolavori di diplomazia. Il bello, però, venne dopo: un lungo lavorio ai fianchi delle sorelle per farmi rivelare le confidenze sui giochi della politica da rivendere al miglior offerente, ai servizi segreti o ai giornali disposti a pagare a peso d'oro le informazioni. Poi le case da visitare, i costruttori da contattare: fosse per loro, mi avrebbero liquidato con due stanze male arredate a Canicattì o a Bellusco. Il vento dell'antipolitica che già ora soffia sul Palazzo mi mette in crisi: senza più sorelle da sposare, con i cognati in fase di avanzata rottamazione, come potrò sbarcare il lunario? A differenza loro a me non spetta un generoso vitalizio, una pensione d'oro capace di farmi dormire sogni tranquilli per l'intera vecchiaia. Urgono soluzioni originali, per non finire essere costretto a imparare il mestiere di barbone, dopo quello più redditizio di cognato dei potenti. Il mestiere di suocero: ecco la soluzione! Posso adottare una figlia vicina alla maggiore età, una ragazza carina e sveglia, da far convolare a nozze, magari a ridosso delle elezioni, con un probabile deputato di Grillo, un ragazzo giovane e ingenuo da manipolare. Basta una raccomandazione in fondo per accelerare le pratiche di adozione! Consulto mia moglie, torno a riunire il consiglio di guerra, cognati di grido compresi: per elaborare un piano, per adottare strategie adeguate alla nuova realtà della politica. La Dea bendata non mi ha abbandonato: nella lista delle adozioni ci sono due sorelle diciassettenni, forse riesco a sposarne una con un deputato di maggioranza e l'altra con un rappresentante dell'opposizione. Il piano riesce alla perfezione: ungendo le ruote giuste, scucendo fior di bigliettoni, batto il record mondiale di velocità delle adozioni. Appronto un nuovo piano: le gemelle sono due ragazze belle e sveglie, senza peli sulla lingua, disposte a tutto per raggiungere ricchezza e popolarità. Faccio una cernita dei candidati, avvio contatti riservati per un appuntamento ma senza fortuna: m'imbatto in gente senza arte né parte, zero soldi, zero proprietà immobiliari, poco interesse per l'altro sesso. Abbasso l'asticella ma senza risultati: sembra che in certi ambienti, ormai,  imbattersi in un eterosessuale sia come cercare un ago in un pagliaio. Che ci faccio ora con le gemelle? Anche dalle parti di Arcore, ormai, si trovano veline in mobilità, soubrette che tirano avanti col sussidio di disoccupazione, consigliere regionali in svendita su Ebay. Mi guardo intorno: non capisco cosa sta succedendo, c'è qualcosa di nuovo alle porte che non mi piace e che sta decretando la morte sociale per chi come me ha campato sinora sulle spalle della collettività.    

Nessun commento:

Posta un commento