lunedì 15 ottobre 2012

La giustizia della Casta

Giustizia e' fatta. Il grande fustigatore si alzo' con aria grave, distolse lo sguardo dagli appunti, guardo' in faccia uno ad uno i rappresentanti della maggioranza. Un brivido corse sulla schiena dei presenti: il presidente dell'Assemblea annoiato, la consigliera avvenente in posa per i fotografi, i capigruppo in cerca di un accordo dell'ultimo minuto sulla mozione da approvare. La voce non aveva il timbro grave di sempre: squillante e decisa, cominciava a elencare cifre, metteva in fila tangenti, ruberie, appropriazioni indebite di fondi pubblici, storie di favori sessuali elargiti a pioggia nel grigio inverno padano. Inizio' a fare nomi, a presentare ricevute fiscali di pranzi luculliani, di locali notturni affittati in esclusiva, di feste in costumi celtici,  di casse di aragoste fatte arrivare dalla Sardegna in elicottero con la scorta di finanzieri in trasferta domenicale. Alzo' la posta, denuncio' minacce, tentativi di corruzione, offerte di giovani gigolo' alla moglie in menopausa, di fiammeggianti Ferrari alla figlia, di appartamenti in centro da acquistare a propria insaputa. Non guardo' in faccia a nessuno: critico' la collusione dell'opposizione, gli ammiccamenti del proprio Partito, le assenze scientifiche al momento del voto profumatamente compensate, i tanti cambi di casacca dopo le elezioni, il trasformismo che alligna in troppe menti. Chiese le dimissioni dell'intero consiglio, annunciando di avere già presentato denuncia e consegnato le prove in suo possesso all'autorità giudiziaria. Scoppio' il caos:  urla, spintoni, pugni, tra consiglieri di maggioranza e di opposizione, non ci fu spazio per inciuci. I centristi si scagliarono contro l'oratore, i rappresentanti della sinistra si gettarono  tutti addosso alla consigliera avvenente, alla ricerca di un lembo di lingerie  da esibire agli amici. Il presidente fu costretto prima a sospendere e poi ad annullare la seduta. I rappresentanti della maggioranza riunirono il consiglio di guerra, chiesero al capo in persona d'intervenire in videoconferenza dalla sua reggia romana. Furono vagliate tutte le soluzioni del caso, ma nessuna sembrava appropriata alla bisogna. L'apparizione del fondatore del partito fece regnare il silenzio: tocco' alla giovane e avvenente consigliera riepilogare i fatti, le accuse, gli scontri verbali e i palpeggiamenti degli oppositori. "Mi consenta" esordi' il capo, stupito dall'essere stato distratto dalle sue occupazioni per piccole ruberie, reati che non meritavano nemmeno l'attenzione di una toga rossa. Indagate, scavate nel passato: tutti hanno uno scheletro nell'armadio, qualcosa da tenere nascosto anche alla propria madre, fu il suo illuminato consiglio. Si misero subito all'opera; comprarono escavatori, corruppero pubblici ufficiali, generali in pensione, maestre di scuola materna, prostitute in disarmo. Le prove si accumularono, il materiale raccolto fu ritenuto sufficiente per passare al contrattacco. Fu convocata una conferenza stampa per annunciare l'imminente presentazione di un dossier denuncia delle malefatte del moderno Catone, dei Savonarola da strapazzo che militano a sinistra. Il materiale esposto in un'elegante pamphlet, corredato di foto suggestive di affascinanti modelle, di splendide parlamentari di destra, di ex ministre semisvetite, era monumentale, impressionante. I segugi scatenati dietro la preda erano riusciti a rintracciare due multe per divieto di sosta, un colonnello che con una raccomandazione gli aveva evitato il servizio militare, un compagno di classe da cui aveva copiato una versione di Seneca, un trans che aveva accostato per chiedergli l'ora, un terzo cugino finito in manette per consumo di hascisc. Fu convocata una seconda conferenza stampa per l'indomani per difendere gli assessori della giunta regionale dalle accuse rivolte loro. Uno schieramento impressionante di principi del foro in assetto di guerra, tutti a libro paga del grande capo: i flash dei fotografi sembravano impazziti per immortalare gli undici penalisti di grido, l'imbattibile squadra in azione. Comincio' il difensore dell'assessore al Bilancio, indagato per sottrazione di fondi pubblici.  In una dichiarazione giurata della maestra elementare del suo assistito si dimostrava che non aveva mai saputo eseguire le sottrazioni o le addizioni. Venne omessa la deposizione del professore delle superiori, nella parte in cui ne lodava la bravura in geometria, l'inclinazione allo studio di seni, coseni e tangenti. L'assessore alle pari opportunità, per tramite del proprio avvocato si dichiaro' estranea all'accusa di scambi di favori sessuali in cambio di utilità politiche, presentando una foto che la ritraeva nuda, tra le espressioni di disgusto dei presenti. Fu sciorinato un vasto campionario di alibi, giustificazioni, prove inconfutabili: dall'assessore impossibilitato a rubare per mancanza del dito mignolo a entrambe le mani a quello che non poteva firmare alcuna delibera perché analfabeta. Una notizia fece presto il giro della sala, suscitando grida di gioia nei presenti: il grande fustigatore era a San Vittore. Una toga turchina o una Fata rossa, non era ancora chiaro, ne aveva ordinato l'arresto per disturbo della quiete pubblica durante le sedute del consiglio comunale; il suo tono di voce aveva oltrepassato di alcuni punti i decibel consentiti nelle ore serali da una legge del 1931.  Giustizia e' fatta, commentarono soddisfatti i giornali, compresi quelli di opposizione sovvenzionati dallo Stato.

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