Una standing ovation accolse il conduttore al suo ingresso in
studio. Dopo il successo della trasmissione su Anna Bolena, ci si attendeva
dalla nuova puntata un tourbillon di emozioni e colpi di scena. Alberto Rana,
questo era il nome del presentatore, era balzato da poco agli onori delle
cronache dopo una lunga gavetta. Dovette per prima cosa presentare la nuova
valletta o velina, insomma una di quelle ragazze da schianto che sorridono alle
telecamere, mostrano le gambe e non spiccicano una parola in italiano o in un
qualsiasi idioma comprensibile. La bionda Sofia si mostrò in tutta la sua
bellezza, prima di raggiungere e accompagnare al centro dello studio, Alan
Smith, lo studioso di storia inglese che nel corso della settimana aveva
battuto tutti i record di visualizzazione su youtube. La voce di Alberto cambiò
registro: le luci abbassate già davano un alone di mistero alle sue parole.
Giulio Cesare, esordì, fu ucciso in una congiura ordita da Caio Cassio e Marco
Bruto, alle idi di marzo del 44
a.C. La storia ci tramanda il luogo dell'assassinio (il
Senato di Roma), il movente, (il tentativo di risollevare le sorti della
Repubblica) e il modus operandi (le ventitré coltellate che spensero la vita di
uno dei più abili condottieri della storia). Il nostro Alan Smith, però, in un
libro di prossima pubblicazione ci presenta un'inedita versione della vicenda.
Nel corso della puntata proveremo a illustrarvela. Le prime note di "The
final Countdown" degli Europe, accompagnarono l'accensione delle luci in
studio, mentre la telecamera zummava sul volto di Alan Smith. Le ricerche
condotte su documenti inediti, furono le sue prime parole, mentre il pubblico
in sala tratteneva il respiro, mi hanno condotto ad ipotizzare un diverso
movente per l'omicidio di Giulio Cesare ed ovviamente altre mani assassine. La
versione tramandata dalla storiografia ufficiale, proseguì, servì a tacitare
uno scandalo di enormi proporzioni che poteva mettere a rischio, l'egemonia di
Roma sul mondo. Tenete a mente questo nome: "Domus Olgiettina". Negli
appunti del contabile di Giulio Cesare, da me casualmente trovati in una tomba
da poco rinvenuta, erano trascritti accanto al nome di alcune signore delle
cifre in sesterzi. "Ad esempio Laetizia settemila sesterzi, Rubia diecimila
sesterzi, Gioia duemila sesterzi, Patrizia (una filantropa?) "a gratis".
L'elenco delle signore, probabilmente mantenute o prostitute era interminabile o
quasi. In un libro, poco noto, lo storico Marcus Labor, proseguì Alan Smith, ha ricostruito
in dettaglio la vicenda. Fu Cicerone, racconta il Labor, a tuonare contro il decadimento dei
costumi, a puntare l'indice contro il proliferare di mantenute e i discutibili
costumi sessuali dei potenti. Lo scandalo dilagò, la plebe eccitata stazionava
in permanenza dinanzi alla Domus Olgiettina, in attesa di poter ammirare e
palpare di presenza le donne più avvenenti dell'Urbe. In breve diventò una
questione di ordine pubblico: Cesare non poteva uscire di casa senza essere
assalito da un'orda di giovani donne che si proponevano, che gli si spogliavano
davanti per mostrare la mercanzia. I senatori rumoreggiavano: per tenerseli
buoni Cesare si vide costretto a condividere parte del proprio harem. Le toghe
rosse ascoltavano tutto, annotavano incontri, segnavano adescamenti e
mercimoni: un giorno intervennero. Mandarono i pretoriani ad arrestare il
contabile di Cesare o forse lo rapirono: Marcus Labor, propone entrambe le
versioni nei suoi scritti di storia. Al pubblico fischiarono le orecchie,
l'applauso partito dal fondo della sala non era a comando. Fu giustiziato senza
processo, l'accusa ritenne che si era appropriato dei sesterzi di Cesare per
soddisfare i suoi robusti appetiti sessuali. A nulla valse la sua tesi
difensiva, i suoi novant'anni non bastarono a salvargli la pelle. L'harem di
Cesare fu semplicemente trasferito: Marcus Labor, ne indica nome e luogo, una
dimora nei pressi del mons Saeptorium. Il malcontento del Senato montava:
Cesare da qualche tempo non condivideva con i togati più in vista le donne più
procaci del suo harem. Si mormorava di senatori che stavano organizzando una
congiura, Marcus Labor riporta le voci di un "abboccamento" tra Cicerone e
Patrizia, una delle concubine di Giulio Cesare. Fu preparato un veleno, da
somministrare a Cesare alle Idi di Marzo del 44 a.C. Il piano funzionò alla
perfezione: Cesare morì come il più eroico degli uomini, intento a cavalcare
una puledra di razza. Patrizia ebbe in cambio la concessione edilizia che sino ad allora aveva inutilmente chiesto a Giulio. Il pubblico applaudì a comando, ma non si spellò
le mani. Parteggiava per la versione tradizionale della storia. Il trillo del
telefono si udì alto e forte: la voce di Patrizia fu accolta da fischi e
ululati. Negò ogni addebito: non aveva visto Cesare in vita sua, aveva invece
avuto una tempestosa relazione con Marcus Labor, che aveva mollato quando lo
aveva trovato a letto con Rubia, allora ancora minorenne. Il colpo di scena
lasciò tutti di stucco. I telespettatori che aspettavano ansiosi la versione di
Marcus Labor, non furono delusi. Confermò nella sua breve telefonata tutti i
punti esposti da un gongolante Alan Smith. L'intervento di Marco Tullio
Cicerone fu un capolavoro di sintesi e di abilità dialettica: disse e non
disse, fece intuire e negò, ma tutti ebbero l'impressione che stesse tacendo la
verità. Non conosceva nessuna Patrizia, Rubia o Laetizia, aveva passato però a
Marcus Labor, informazioni riservate sulle concubine a pagamento di Cesare. I
sospetti si addensavano ormai tutti su Labor: solo Giulio Cesare in persona
poteva scagionarlo. Il miracolo avvenne: da vero condottiero Giulio Cesare
rivendicò l'eroismo della sua morte, contò una ad una le coltellate infertegli
dai congiurati come l'insonne fa con le pecore. Respinse tutte le infamie che i
rivali avevano sparso sul suo conto: non aveva avuto amanti, concubine, non era
mai andato a prostitute, non aveva la più pallida idea di chi fossero Rubia,
Patrizia ed altre professioniste di tal fatta. Alan Smith, perse il sorriso, il
pubblico si sbellicò dalle risate al solo guardarlo in faccia, prima dei
consigli per gli acquisti. Al conduttore non restò che fare appello al pubblico
per la soluzione del mistero: al vincitore selezionato dalla giuria stavolta
sarebbe toccata in dote, una fiammante auto sportiva. In attesa della migliore
soluzione proposta dai telespettatori, Sofia diede inizio alla seconda parte del programma presentando una rilettura del
"Lago dei cigni" dal titolo " Lo stagno delle papere"' e un
paio d'affermati protagonisti del playback. Alan Smith deliziò il pubblico con
la lettura di un suo racconto sui tempi dell'università. Una decina di spettatori
in catalessi furono ricoverati al pronto soccorso più vicino. Alle 22.30 in punto, Alberto
Rana presentò la compagnia teatrale chiamata a sceneggiare la soluzione del
mistero approvata dalla giuria. Due ragazze facevano l'amore davanti agli occhi
eccitati di Giulio Cesare: questa la prima scena del dramma. Una scritta sul
teleschermo informava che la visione dello spettacolo era vietata ai minori di
diciotto anni. Nella seconda scena Marco Tullio Cicerone addestrava un sosia di
Cesare a parlare e a muoversi come il condottiero di Roma. Patrizia, travestita
da uomo veniva nella scena successiva ricevuta dal più famoso oratore
dell'antichità. La trappola che doveva uccidere Cesare scattò per le Idi di
Marzo: quello era il giorno in cui toccava a Patrizia tirare su... di morale
Giulio. Il veleno fece effetto poco prima che arrivasse all'apice del piacere:
fu l'ultima delusione di una vita votata al successo. Il sosia di Cesare invece
fu trasportato in Senato, dove fu accoltellato per ventitré volte prima che
potesse aprir bocca, davanti agli occhi degli storici che seguivano la seduta
in corso. La standing ovation del pubblico contrappuntò la fine della recita.
Alan Smith raggiante salutò la spiegazione come un successo personale. I
giornali del giorno dopo strillarono sulla nascita di un nuovo genere
televisivo: le comiche melodrammatiche della Storia.
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