venerdì 7 dicembre 2012

Cesare e le sue concubine



Una standing ovation accolse il conduttore al suo ingresso in studio. Dopo il successo della trasmissione su Anna Bolena, ci si attendeva dalla nuova puntata un tourbillon di emozioni e colpi di scena. Alberto Rana, questo era il nome del presentatore, era balzato da poco agli onori delle cronache dopo una lunga gavetta. Dovette per prima cosa presentare la nuova valletta o velina, insomma una di quelle ragazze da schianto che sorridono alle telecamere, mostrano le gambe e non spiccicano una parola in italiano o in un qualsiasi idioma comprensibile. La bionda Sofia si mostrò in tutta la sua bellezza, prima di raggiungere e accompagnare al centro dello studio, Alan Smith, lo studioso di storia inglese che nel corso della settimana aveva battuto tutti i record di visualizzazione su youtube. La voce di Alberto cambiò registro: le luci abbassate già davano un alone di mistero alle sue parole. Giulio Cesare, esordì, fu ucciso in una congiura ordita da Caio Cassio e Marco Bruto, alle idi di marzo del 44 a.C. La storia ci tramanda il luogo dell'assassinio (il Senato di Roma), il movente, (il tentativo di risollevare le sorti della Repubblica) e il modus operandi (le ventitré coltellate che spensero la vita di uno dei più abili condottieri della storia). Il nostro Alan Smith, però, in un libro di prossima pubblicazione ci presenta un'inedita versione della vicenda. Nel corso della puntata proveremo a illustrarvela. Le prime note di "The final Countdown" degli Europe, accompagnarono l'accensione delle luci in studio, mentre la telecamera zummava sul volto di Alan Smith. Le ricerche condotte su documenti inediti, furono le sue prime parole, mentre il pubblico in sala tratteneva il respiro, mi hanno condotto ad ipotizzare un diverso movente per l'omicidio di Giulio Cesare ed ovviamente altre mani assassine. La versione tramandata dalla storiografia ufficiale, proseguì, servì a tacitare uno scandalo di enormi proporzioni che poteva mettere a rischio, l'egemonia di Roma sul mondo. Tenete a mente questo nome: "Domus Olgiettina". Negli appunti del contabile di Giulio Cesare, da me casualmente trovati in una tomba da poco rinvenuta, erano trascritti accanto al nome di alcune signore delle cifre in sesterzi. "Ad esempio Laetizia settemila sesterzi, Rubia diecimila sesterzi, Gioia duemila sesterzi, Patrizia (una filantropa?) "a gratis". L'elenco delle signore, probabilmente mantenute o prostitute era interminabile o quasi. In un libro, poco noto, lo storico Marcus Labor, proseguì Alan Smith, ha ricostruito in dettaglio la vicenda. Fu Cicerone, racconta il Labor, a tuonare contro il decadimento dei costumi, a puntare l'indice contro il proliferare di mantenute e i discutibili costumi sessuali dei potenti. Lo scandalo dilagò, la plebe eccitata stazionava in permanenza dinanzi alla Domus Olgiettina, in attesa di poter ammirare e palpare di presenza le donne più avvenenti dell'Urbe. In breve diventò una questione di ordine pubblico: Cesare non poteva uscire di casa senza essere assalito da un'orda di giovani donne che si proponevano, che gli si spogliavano davanti per mostrare la mercanzia. I senatori rumoreggiavano: per tenerseli buoni Cesare si vide costretto a condividere parte del proprio harem. Le toghe rosse ascoltavano tutto, annotavano incontri, segnavano adescamenti e mercimoni: un giorno intervennero. Mandarono i pretoriani ad arrestare il contabile di Cesare o forse lo rapirono: Marcus Labor, propone entrambe le versioni nei suoi scritti di storia. Al pubblico fischiarono le orecchie, l'applauso partito dal fondo della sala non era a comando. Fu giustiziato senza processo, l'accusa ritenne che si era appropriato dei sesterzi di Cesare per soddisfare i suoi robusti appetiti sessuali. A nulla valse la sua tesi difensiva, i suoi novant'anni non bastarono a salvargli la pelle. L'harem di Cesare fu semplicemente trasferito: Marcus Labor, ne indica nome e luogo, una dimora nei pressi del mons Saeptorium. Il malcontento del Senato montava: Cesare da qualche tempo non condivideva con i togati più in vista le donne più procaci del suo harem. Si mormorava di senatori che stavano organizzando una congiura, Marcus Labor riporta le voci di un "abboccamento" tra Cicerone e Patrizia, una delle concubine di Giulio Cesare. Fu preparato un veleno, da somministrare a Cesare alle Idi di  Marzo del 44 a.C. Il piano funzionò alla perfezione: Cesare morì come il più eroico degli uomini, intento a cavalcare una puledra di razza. Patrizia ebbe in cambio la concessione edilizia che sino ad allora aveva inutilmente chiesto a Giulio. Il pubblico applaudì a comando, ma non si spellò le mani. Parteggiava per la versione tradizionale della storia. Il trillo del telefono si udì alto e forte: la voce di Patrizia fu accolta da fischi e ululati. Negò ogni addebito: non aveva visto Cesare in vita sua, aveva invece avuto una tempestosa relazione con Marcus Labor, che aveva mollato quando lo aveva trovato a letto con Rubia, allora ancora minorenne. Il colpo di scena lasciò tutti di stucco. I telespettatori che aspettavano ansiosi la versione di Marcus Labor, non furono delusi. Confermò nella sua breve telefonata tutti i punti esposti da un gongolante Alan Smith. L'intervento di Marco Tullio Cicerone fu un capolavoro di sintesi e di abilità dialettica: disse e non disse, fece intuire e negò, ma tutti ebbero l'impressione che stesse tacendo la verità. Non conosceva nessuna Patrizia, Rubia o Laetizia, aveva passato però a Marcus Labor, informazioni riservate sulle concubine a pagamento di Cesare. I sospetti si addensavano ormai tutti su Labor: solo Giulio Cesare in persona poteva scagionarlo. Il miracolo avvenne: da vero condottiero Giulio Cesare rivendicò l'eroismo della sua morte, contò una ad una le coltellate infertegli dai congiurati come l'insonne fa con le pecore. Respinse tutte le infamie che i rivali avevano sparso sul suo conto: non aveva avuto amanti, concubine, non era mai andato a prostitute, non aveva la più pallida idea di chi fossero Rubia, Patrizia ed altre professioniste di tal fatta. Alan Smith, perse il sorriso, il pubblico si sbellicò dalle risate al solo guardarlo in faccia, prima dei consigli per gli acquisti. Al conduttore non restò che fare appello al pubblico per la soluzione del mistero: al vincitore selezionato dalla giuria stavolta sarebbe toccata in dote, una fiammante auto sportiva. In attesa della migliore soluzione proposta dai telespettatori, Sofia diede inizio alla seconda parte del programma presentando una rilettura del "Lago dei cigni" dal titolo " Lo stagno delle papere"' e un paio d'affermati protagonisti del playback. Alan Smith deliziò il pubblico con la lettura di un suo racconto sui tempi dell'università. Una decina di spettatori in catalessi furono ricoverati al pronto soccorso più vicino. Alle 22.30 in punto, Alberto Rana presentò la compagnia teatrale chiamata a sceneggiare la soluzione del mistero approvata dalla giuria. Due ragazze facevano l'amore davanti agli occhi eccitati di Giulio Cesare: questa la prima scena del dramma. Una scritta sul teleschermo informava che la visione dello spettacolo era vietata ai minori di diciotto anni. Nella seconda scena Marco Tullio Cicerone addestrava un sosia di Cesare a parlare e a muoversi come il condottiero di Roma. Patrizia, travestita da uomo veniva nella scena successiva ricevuta dal più famoso oratore dell'antichità. La trappola che doveva uccidere Cesare scattò per le Idi di Marzo: quello era il giorno in cui toccava a Patrizia tirare su... di morale Giulio. Il veleno fece effetto poco prima che arrivasse all'apice del piacere: fu l'ultima delusione di una vita votata al successo. Il sosia di Cesare invece fu trasportato in Senato, dove fu accoltellato per ventitré volte prima che potesse aprir bocca, davanti agli occhi degli storici che seguivano la seduta in corso. La standing ovation del pubblico contrappuntò la fine della recita. Alan Smith raggiante salutò la spiegazione come un successo personale. I giornali del giorno dopo strillarono sulla nascita di un nuovo genere televisivo: le comiche melodrammatiche della Storia.

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